L’evoluzione del nostro Essere non avviene spontaneamente ma esige uno sforzo volontario e cosciente. Soprattutto essa richiede la capacità di dare spazio nella nostra interiorità a quegli Io in grado per le loro caratteristiche di favorire il lavoro su noi stessi. Inoltre l’evoluzione del nostro Essere necessità lo sviluppo della nostra Essenza…
Uno degli aspetti basilari del lavoro su se stessi al fine di aumentare la consapevolezza e coscienza di sé, è quanto viene detto a proposito della molteplicità di Io che si susseguono nel determinare il nostro comportamento e il nostro pensiero. Infatti, uno degli obiettivi iniziali di tale lavoro, raggiungibile attraverso l’auto osservazione, è proprio quello di rendersi conto che noi non siamo “uno”, non possiamo contare sull’unicità del nostro essere. Se un individuo non arriva a “vedere” questo di sé, ad essere cosciente della molteplicità del proprio essere, non potrà allentare una delle principali trappole che ci danno l’illusione della conoscenza di noi: l’identificazione con noi stessi, ovvero quel credere di essere quell’Io che in un dato momento domina la nostra psiche. Dobbiamo, dunque, imparare a renderci conto che noi non siamo un unico “Io” ma molti “Io” differenti. Una persona che non si accorge di questo e che, quindi, vive identificata con se stessa, non può riuscire ad evolvere il proprio Essere. Identificarci con ciò che siamo vuol dire rimane attaccati a ciò che si è, ossia privi di quella spinta necessaria a separarci dall’attuale livello del nostro Essere. Una persona in simili condizioni è fermamente convinta di conoscersi e quindi se gli chiedessimo di osservare se stessa non comprenderebbe tale richiesta ritenendola inutile e, comunque, sarebbe incapace di svolgere tale attività con oggettività finché non rinunci alla pretesa di essere un unico Io.
Quella che nel linguaggio del lavoro su se stessi è chiamata la “dottrina degli Io” ci dice, inoltre, che l’evoluzione del nostro Essere non solo dipende dalla consapevolezza della molteplicità degli Io, ma anche che dal fatto che un certo numero di Io, con certe caratteristiche, riescano ad ottenere una posizione sempre più preminente, fino ad arrivare ad avere un controllo crescente sugli altri Io. Si tratta di quegli Io che percepiscono che l’esistenza non si esaurisce nell’ordinarietà della vita, che desiderano e sentono che è possibile una evoluzione del nostro Essere, che comprendono la necessità di uno sforzo a tal fine e che sono pronti a compierlo. La posizione che questi Io debbono assumere e dai quali dipende la possibilità di evoluzione di un individuo, deve essere sempre più centrale ed essi devono acquisire sempre più valore rispetto agli altri Io presenti in noi. La persona impegnata in un lavoro su di sé deve, via via, rendersi conto che è necessario stabilire una gerarchia nei propri Io; deve imparare a fare una certa distinzione e valorizzazione tra di essi specie nelle fasi iniziali del lavoro. Altrimenti, dal momento che è facile che un individuo possa essere sopraffatto dagli assunti della vita e dalle impellenze della quotidianità, è molto probabile che questi Io più propensi al lavoro possano essere sopraffatti e così, in un breve tempo, tale individuo che pur era partito con il piede giusto, si ritrovoverà a perdere il senso del lavoro pur avendone avuto un barlume.
Tale rischio evidentemente dipende dalle caratteristiche della persona oltre che dal livello di sviluppo raggiunto nel corso del lavoro su di sé. Se un individuo ha ben strutturato in sé quello che viene chiamato Centro Magnetico, basato sull’intima percezione che l’esistenza va ben al di là di ciò che appare sulla superficie e sulla conoscenza che esistono degli insegnamenti che parlano di tutto, allora per questo individuo sarà più facile resistere ai richiami della vita ordinaria che tenderebbero a riportarlo fuori dai binari del lavoro su se stesso. Egli, inoltre, saprà meglio difendere certi “Io” rispetto alle vicissitudini della vita quotidiana, saprà tenerli fuori dalla sua portata; al contrario per un individuo puramente materiale, per il quale esiste solo ciò che si può vedere e toccare, questa capacità di difendere gli Io più inclini al lavoro sarebbe impossibile. Il fatto di avere una moltitudine di Io, per cui una persona non è sempre lo stesso Io, rende possibile il fatto che alcuni di questi Io possano sviluppare un interesse e un desiderio per il lavoro su di sé. In caso contrario, ossia se ci fosse l’unicità del nostro Io, per molte persone tale possibilità non sarebbe data. Tuttavia, se l’evoluzione del proprio Essere esiste come possibilità per tutti, essa non è data per ogni individuo. Infatti, come già detto, tale evoluzione non è un fatto automatico come quella biologica ma solo il frutto di un lungo sforzo cosciente e voluto.
Quando nel lavoro su di sé si parla dell’evoluzione della persona, il riferimento è sempre alla sua Essenza. Possiamo, infatti, riscontrare in tutti noi non solo la presenza di una Personalità, ossia l’aspetto più esteriore di ciò che siamo, ma anche di una Essenza, qualcosa di più interiore e di poco visibile all’esterno. Dunque, quando parliamo di evoluzione si fa riferimento alla crescita di qualcosa di interiore in noi stessi, ossia alla nostra Essenza. Cerchiamo di comprendere meglio questo punto. La Personalità è la parte della nostra identità maggiormente esposta alle condizioni esterne e rappresenta il lato di noi più soggetto alle influenze della vita ordinaria. La Personalità è la nostra risposta alle vicende della vita sia passate sia attuali e con essa facciamo fronte alle esperienze a cui siamo sottoposti. La Personalità sta intorno alla nostra Essenza come fosse una corazza ed è comunque una parte molto importante nell’economia della nostra vita psicologica. L’Essenza è, invece, meno esposta alla vita ordinaria e possiamo immaginarla come una facoltà di profonda intuizione e sentire al di là della semplice evidenza e che determina un “accumulo” di memorie più vere e autentiche su di noi e sulla realtà che ci circonda. Dunque, noi “siamo” sia la nostra Personalità costituita da abitudini e strutture mentali di tipo adattativo e con una origine reattiva rispetto alle esperienze della vita, sia la nostra Essenza che ci rappresenta più profondamente e intimamente e che ha depositate in sé le nostre più vere aspirazioni realizzative. Ripetiamo: un individuo equilibrato ha bisogno di entrambe queste parti. Tuttavia, a volte può accadere che la Personalità diventi una corazza troppo stretta intorno all’Essenza, finendo così per soffocarla. È il caso in cui, per esempio, una persona rinuncia totalmente a quello che sente essere se stessa (a volte può giungere anche a non avere mai questa percezione) in favore di processi di rigido adattamento alla vita ordinaria e di totale identificazione con essa.
In questi casi l’individuo può arrivare ad essere totalmente separato dalla propria Essenza, anche se esternamente egli possa apparire come altamente organizzato o dotato di una forte personalità. Ora quando una persona è totalmente in potere della propria Personalità, secondo la psicologia alla base del lavoro su se stessi, non è un individuo completo e avrà grandi difficoltà ad far evolvere il proprio Essere. Allo stesso modo una persona eccessivamente soggetta all’influenza della propria Essenza e, quindi, con una debole Personalità avrà grandi difficoltà a vivere nella vita ordinaria e questo ci può far capire come la nostra Personalità sia quella parte di noi in grado di metterci in contatto con la vita esterna . Un individuo equilibrato ha quindi bisogno anche di far sviluppare una “sana” Personalità oltre che la propria Essenza. Tuttavia, mentre lo sviluppo di una Personalità funzionale è in buona parte il frutto dell’interazione con l’ambiente esterno all’individuo che ne plasma la struttura psichica e ne indirizza le reazioni, fino al cristallizzarsi il tutto nella Personalità, invece lo sviluppo dell’Essenza e il suo emergere come guida dell’individuo è il frutto solo di un lavoro e di uno sforzo consapevole della persona.
Queste due nostre parti per quanto entrambe necessarie, entrano tuttavia in lotta tra loro in certi momenti del lavoro. Infatti, per imparare ad ascoltare la nostra Essenza, per farla emergere, dovremmo apprendere a volte a rendere più passiva la nostra Personalità, ossia a disinnescare il pilota automatico con cui funzioniamo per affidarci a quanto la nostra Essenza suggerisce. In questo senso in talune circostanze tra Essenza e Personalità si crea attrito ed è proprio in questi casi che dobbiamo permettere alla nostra Essenza di essere più attiva. Ciò si realizza se consentiamo alla nostra persona di essere più legata a qualcosa di interiore, sviluppando la capacità di mantenere una certa integrità e coerenza interna a prescindere dalle circostanza esterne alle quali per abitudine tenderemmo ad adattarci anche rinnegando noi stessi.
Questo post è parte di un percorso per stimolare in chi legge un lavoro su di sé ispirato alle idee della Quarta Via riviste nell’ottica della psicologia attuale. Nel corso dei post verranno fornite anche le indicazioni per una serie di esercizi volti a focalizzate l’attenzione sull’osservazione di se stessi al fine di acquisire una consapevolezza maggiore. Ogni post è di per sé esaustivo, ma chi intendesse usare questa risorsa per cominciare a lavorare su di sé, è importante seguire la cronologia dei post come progressione logica degli argomenti.
Leggi lezione n. 40: La considerazione esterna: mettersi “nei panni altrui”
Leggi altro articolo: Come migliorare se stessi