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Le due linee dell’esistenza

Le due linee dell’esistenza di ogni essere umano sono i piani sui quali può svilupparsi la vita. Da una parte abbiamo il piano della vita ordinaria che scorre da quando nasciamo a quando moriamo. Dall’altra c’è il piano del nostro Essere, delle forme e dei livelli che questo può raggiungere. In una esistenza che mira alla pienezza dell’esperienza di noi stessi, le due linee dell’esistenza dovrebbero entrambe vederci impegnati in un lavoro fatto di consapevolezza. Tuttavia di questo secondo piano (quello dello sviluppo del proprio Essere), in genere, pochi ne sono consapevoli, eccetto rari sprazzi di consapevolezza subito spenti dal ritorno alla vita ordinaria… Vediamo insieme cosa accade in ognuna di queste due linee di sviluppo…

Quando pensiamo all’esistenza di un individuo potremmo raffigurarla graficamente utilizzando una croce e con essa visualizzare quelli che sono le due linee dell’esistenza umana. La linea orizzontale AB rappresenta quella che nell’accezione comune viene indicata come la vita di una persona; ne coglie la dimensione temporale dello svolgimento orizzontale, il fatto che ci sia un prima e un dopo. Esiste in questa vita una progressione, ma è di tipo orizzontale, ossia per quanti cambiamenti in essa possono verificarsi, comunque, l’individuo permarrà sullo stesso piano della propria condizione. Il fatto di essere più giovane o più vecchio, più ricco o più povero non cambia lo stato dell’Essere della persona che in questa condizione ordinaria continuerà a non essere consapevole di sé, ad non percepire la moltitudine dei propri Io rimanendo dell’idea di essere unico, a credere di avere una propria volontà e a non accorgersi della sua mutevolezza. Lungo questo asse orizzontale la vita avviene, si svolge in maniera meccanica e, in genere, le persone per tutta la durata della loro vita sono prigioniere di schemi ripetuti senza la coscienza di tale ripetitività. In questo piano, lungo questa linea orizzontale vivono la maggior parte delle persone, ignare della presenza nella vita anche di una linea di sviluppo verticale. Se gran parte dell’evoluzione lungo la dimensione orizzontale avviene anche senza che l’individuo faccia nulla, lo sviluppo lungo la linea verticale è possibile solo lavorando su se stessi.

Il punto C in cui la linea verticale interseca quella orizzontale rappresenta  il livello dell’Essere di una persona in un determinato momento della propria esistenza; dunque, la linea verticale sta a significare i differenti livelli dell’Essere in cui può posizionarsi una persona e, al tempo stesso, rappresenta la direzione dello sforzo cosciente che si compie quando si lavora su se stessi. Anche lo spostamento lungo l’asse orizzontale, quello della vita ordinaria, comporta uno sforzo, ma si tratta di uno sforzo meccanico: alzarsi la mattina dal letto, andare al lavoro, studiare, allevare i figli, etc. sono tutti sforzi dovuti per vivere e che è importante compiere per mandare avanti le cose. Ma per l’appunto si tratta degli sforzi richiesti dalla vita, necessari e non volontari e coscienti come quelli, invece, a cui ci si sottopone quando ci impegniamo nel lavoro su noi stessi. Gli sforzi della vita ci fanno muovere lungo l’asse orizzontale, quelli coscienti e volontari (non richiesti dalla vita) ci portano a posizionare il nostro Essere lungo la linea verticale. Lo sforzo del lavoro eleva l’Essere della persona. Ma cosa è il nostro Essere? Potremmo dire che l’Essere è dato dalla consapevolezza di sé e della realtà intorno che ha un individuo, e quindi dal livello del suo comprendere quanto accade a se stesso e agli altri; inoltre l’Essere di una persona si struttura intorno alla padronanza di sé ed equilibrio che è in grado di raggiungere. Come si può ben capire esistono diversi livelli che il nostro Essere può raggiungere e questa “salita” non è data automaticamente o spontaneamente, così come non avviene inconsapevolmente, ma solo tramite un lavoro su se stessi.

Tornando alla croce, possiamo dire che ogni istante dell’esistenza di un individuo può essere rappresentato in questo modo e il punto di incrocio della linea verticale con quella della vita indica l’ora, l’adesso. Questa è una visione oggettiva dell’esistenza di una persona, ma bisogna considerare che per la maggior parte degli individui che vivono solo lungo la linea orizzontale della vita, ignorando l’esistenza della dimensione verticale del vivere, può non esistere l’ora e l’adesso. Se viviamo totalmente identificati con la vita, se la nostra consapevolezza è addormentata, se siamo affannati solo dal passato e dal futuro, non c’è un’ora e un adesso nella nostra vita. In una siffatta esistenza si è oggettivamente trasportati dalla corrente della vita, illusi di essere noi stessi a nuotare e a scegliere la direzione, e quando si giunge a qualcosa che si desiderava questa è già diventata “acqua passata”. Così facendo, allora, non è possibile cogliere nessun punto di intersezione tra le due dimensioni dell’esistenza e il punto dell’ora e dell’adesso rimane privo di significato.

In realtà bisogna osservare che intuitivamente tutti noi sappiamo dell’esistenza di questa linea verticale, ossia dell’esistenza di stati del nostro Essere più alti o più bassi, perché tutti prima o poi abbiamo sperimentato momenti in cui rispetto a noi stessi ci siamo sentiti migliori o peggiori. Ed è per questo che, in potenza, la possibilità di accedere a questo piano verticale dell’esistenza è dato a tutti noi. Ma a parte questi sprazzi in cui abbiamo intravisto qualcosa, poi ritorniamo a dimenticarci di essi, rituffandoci nel flusso della vita e scordandoci di noi. Quando, invece, si inizia a lavorare su se stessi immediatamente si ha di nuovo la chiara percezione sia del proprio Essere sia del fatto che lo si può far sviluppare portandolo a livelli più elevati rispetto a quello ordinario. Se sulla linea orizzontale la posizione occupata da un individuo è una funzione del Tempo, sulla linea verticale la temporalità scompare, così il posto in cui si situa una persona è dato dal livello o qualità del suo Essere.

Considerando le due linee dell’esistenza, è possibile individuare due differenti tipologie di influenze che possono giungerci e che condizionano la nostra esistenza. Quelle che ci arrivano sulla linea orizzontale provengono dal passato (il fardello delle questioni irrisolte, che non sono state “chiuse” o metabolizzate), dal futuro (le mete e gli obiettivi che ci riproponiamo, le attese, le ansie e le preoccupazioni per ciò che potrebbe accadere) e dal presente (il contesto intorno a noi, i rapporti che viviamo). Quelle che ci giungono sul piano verticale sono meno meccaniche di quelle che ci arrivano dalla vita. Sono influenze che vanno cercate a partire dall’intuizione che esiste un altro piano dell’esistenza oltre quello della vita e che c’è in noi un Essere che può è possibile sviluppare ed elevare. Sono le influenze che sotto forma di conoscenze e insegnamenti ci arrivano da persone che hanno già raggiunto un proprio sviluppo interiore e da insegnamenti trasmessi. Sono influenze che, a lavoro iniziato, ci arrivano dal ricordo di sé non solo nella forma della “presenza a noi stessi” ma anche come memoria di questi stati più elevati del nostro Essere che abbiamo sperimentato strada facendo.

Tutta la conoscenza che appartiene alla psicologia presente nell’insegnamento della Quarta Via si riferisce alla possibilità che l’individuo ha di sperimentare e portare avanti una trasformazione interiore in grado di elevarlo nella scala dell’Essere. Dunque lo scopo del lavoro su di sé, così come viene impostato in questo sistema psicologico, riguarda la linea verticale dell’esistenza; lo scopo della vita con tutti i suoi sforzi, invece, ha a che fare con il piano orizzontale. Così la linea verticale rappresenta la strada della trasformazione, quella orizzontale è invece la linea del cambiamento, in cui il Tempo non trasforma le persone perché ciò richiederebbe consapevolezza di sé, ma si limita a cambiarle. In ogni caso, nessuna di queste due linee è più importante dell’altra e l’individuo deve perseguire il proprio sviluppo in entrambi i piani dell’esistenza. Ogni esistenza condotta solo su una delle due linee sarebbe, comunque, una vita incompleta.

Questo post è parte di un percorso per stimolare in chi legge un lavoro su di sé ispirato alle idee della Quarta Via riviste nell’ottica della psicologia attuale. Nel corso dei post verranno fornite anche le indicazioni per una serie di esercizi volti a focalizzate l’attenzione sull’osservazione di se stessi al fine di acquisire una consapevolezza maggiore. Ogni post è di per sé esaustivo, ma chi intendesse usare questa risorsa per cominciare a lavorare su di sé, è importante seguire la cronologia dei post come progressione logica degli argomenti.

Leggi la lezione n. 34: Le condizioni per lavorare su di sé

Leggi: Come essere consapevole

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Essere e conoscere: i livelli del lavoro su di sé

Il livello del proprio Essere e quello della Conoscenza sono i due  piani su cui bisogna lavorare per attuare uno sviluppo di sé equilibrato e “reale”. Questi due piani di miglioramento personale non possono essere disgiunti ma durante il lavoro su se stessi è necessario procedere in parallelo al loro sviluppo. Questo lo si può produrre solo a patto di metterci nell’ottica di compiere sforzi coscienti…

Nel lavoro su se stessi finalizzato al raggiungimento della consapevolezza e allo sviluppo del nostro essere, si può compiere lo sforzo necessario applicandoci su due aspetti di noi. Essi sono le uniche parti di un individuo nelle quali è possibile che avvenga la sua evoluzione. Il primo aspetto è quello della conoscenza e nel caso del lavoro su di sé  lo sforzo va radicato nell’apprendere e nel pensare secondo le idee che sono alla base di questo sistema psicologico; nel  costruire una struttura mentale fatta di connessioni psichiche interiori basate sui significati presenti in questo insegnamento. Il secondo aspetto è quello del nostro Essere e lo sforzo consiste nel trasportare nell’esistenza quotidiana di ognuno di noi gli insegnamenti alla base del lavoro su se stessi, facendoli diventare prassi attiva nella propria vita. Anche intuitivamente è possibile rendersi conto che l’impegno che richiedono gli sforzi orientati alla conoscenza è ben diversi dagli sforzi sul lato dell’Essere.

Ogni individuo può svilupparsi in queste due direzioni e può “realmente” migliorare se stesso soltanto agendo su questi due piani, procedendo nei suoi sforzi parallelamente. Il risultato di questa evoluzione nella conoscenza e nell’Essere conduce alla comprensione, una sorta di conoscenza compenetrata nell’esperienza. Tutto il lavoro su noi stessi per sviluppare e migliorare la consapevolezza di sé si basa sulla comprensione: chi desidera prendere questa strada non può limitarsi ad “adattarsi” al lavoro su di sé (auto osservarsi, gestire le emozioni negative, riconoscere in se stessi gli ostacoli alla coscienza di sé, etc.) come spesso facciamo con la vita al di fuori di noi, della quale finiamo per accettare le regole senza comprenderne fino in fondo gli effetti su di noi. La comprensione è un’esperienza molto forte e profonda che possiamo produrre in noi stessi, rispetto alla nostra esistenza, solo se la nostra conoscenza e il nostro Essere si sviluppano in modo coordinato. Nell’ottica del lavoro su se stessi, ogni individuo è ciò che comprende. Un esempio valga per tutto: quando si dice che le emozioni negative inquinano la nostra mente, infettando i nostri pensieri e comportamenti, si fornisce una conoscenza che qualunque individuo che lo desideri può fare propria. Tuttavia, la comprensione di questo enunziato è riservata solo a coloro che riescono a sperimentare sul piano del proprio Essere la sua verità;. Le conseguenze di tale comprensione portano l’individuo al di là del “sapere” che le cose stanno così, conducendolo a una visione di sé, dei rapporti umani nuova e diversa e, soprattutto, facendogli desiderare di continuare il proprio cammino per lo sviluppo di sé.

Come ricordato più sopra gli sforzi che una persona deve compiere indirizzati verso l’Essere sono differenti da quelli in cui ci si impegna rispetto alla conoscenza ossia al pensiero. Sicuramente  le basi psicologiche su cui si fonda questo lavoro su se stessi forniscono alla persona che vi si applica molta più conoscenza di quella che in un dato momento del proprio sviluppo dell’Essere tale persona può assimilare. Spesso è il livello evolutivo del nostro Essere che ci permette di capire le conoscenze psicologiche di tale sistema. È per questo che il lavoro di partenza per chiunque voglia seguire le sue indicazioni sulla crescita personale è l’osservazione di sé: solo avendo esperienza diretta delle idee sulla psicologia di questo sistema sarà possibile comprenderle e “assaporarne” il significato. Ma questa è la parte più difficile del lavoro, ossia unire questa conoscenza con l’Essere di chi vi si accosta. Lo scopo di tale processo è però di cercare di fare proprio questo: valorizzare la conoscenza, imparando a gustarla e quindi a desiderarla, ma ciò può avvenire solo se ci sforziamo di declinare questi saperi nel nostro vivere. Procede in questa maniera ci consente di fare esperienze che sempre si accompagnano ad un sentimento, ad una emozione. Ed è qui che si può produrre il cambiamento perché la conoscenza può combinarsi con l’Essere solo tramite una certa emozione, in grado di produrre in noi il desiderio e quindi la volontà di acquisire quella conoscenza in grado di farci progredire nel nostro sviluppo. Bisogna desiderare ciò che intendiamo conoscere perché senza questo “amore” la conoscenza non riesce a congiungersi al nostro Essere.

Dunque, non possiamo lavorare sul nostro Essere senza la conoscenza delle idee di questo sistema psicologico (ci comporteremmo altrimenti come un viaggiatore che vaga in un nuovo territorio senza una mappa) e, d’altro canto, non se ne può avere esperienza se non le si applicano al nostro Essere (così facendo saremmo come quell’avido lettore di resoconti di viaggi che pretende di conoscere il mondo senza mai allontanarsi dal proprio salotto di casa). Così, il lavoro su di sé deve iniziare con lo stabilirsi di una valorizzazionedi essoe ciò può accadere se con le prime auto osservazioni riusciamo a renderci conto della mancanza di unità nel nostro essere, dell’assenza di una volontà ben definita e del fatto che il nostro agire è meccanico e privo di consapevolezza. Smascherare con l’esperienza di sé queste illusioni in noi ci porterà ad accrescere il valore delle idee alla base di questo lavoro su di sé e ciò ci condurrà al desiderio di proseguire nella loro conoscenza e quindi a rafforzare la volontà di lavorare su di noi alla loro luce.

Spesso ci capita, pur provando fastidio per questo, sapere che stiamo agendo male: o meglio, privi di consapevolezza nel presente e di una volontà coerente, ce ne rendiamo conto solo in un secondo momento; ci riproponiamo che ciò non accada in futuro, ma poi per gli stessi motivi non riusciamo a mantener fede al nostro proposito. Così continuiamo, in certe circostanze, ad agire male. Tale stato non è solo la conseguenza di una scarsa coscienza di sé o di una volontà ondivaga, ma anche di una mancanza di unità tra la conoscenza (sappiamo che ci comportiamo male) e il nostro Essere (continuiamo a comportarci male). È come se ci fossero in noi due lati separati e questa condizione non produce a riguardo la comprensione di noi stessi. Per riallineare fra loro conoscenza e Essere (so come non devo comportarmi e quindi scelgo di comportarmi bene) bisogna imparare a sapere agire sul nostro Essere, e per riuscire a fare questo è necessario il desiderio o il piacere di apprendere e applicare qualcosa che faciliti il passaggio da ciò che conosciamo a ciò che siamo. Sappiamo bene che la vita ordinaria non necessariamente ci obbliga o ci richiede questo passaggio dal conoscere all’Essere, e del resto le persone sono molto brave attraverso una serie di “ammortizzatori psicologici” a giustificare a se stesse tale mancanza di unità. Come accade per ogni cambiamento anche in questo caso se vogliamo lavorare su di noi per riconquistare tale unità dobbiamo compiere uno sforzo, nello specifico uno sforzo cosciente sull’Essere.

Nella prospettiva del lavoro su se stessi, lo sforzo cosciente è uno sforzo che non sarebbe necessario nella vita ordinaria e che, quindi, non nasce dalla vita stessa, non è da essa causato. L’origine di tale sforzo non è nella vita stessa ma la sua fonte sta nelle indicazioni-guida per il lavoro su se stessi. Cerchiamo di capire meglio: ogni giorno nella nostra quotidianità compiamo degli sforzi; è sufficiente pensare a quello messo in atto ogni giorno per andare al lavoro, per guidare l’automobile in mezzo al traffico, etc. Tuttavia, questi sforzi sono meccanici, ossia fanno parte degli automatismi che guidano il nostro agire. Quindi, rispetto al nostro Essere essi non apportano alcun miglioramento e sicuramente non sono l’attuazione di nessuna conoscenza del sistema psicologico in questione. Uno sforzo cosciente potrebbe essere quello per cui volontariamente e consapevolmente ci dedichiamo a non agire per una giornata le nostre emozioni negative che possiamo provare in varie circostanze. Il nostro Essere apprenderebbe così ad osservarsi in corso d’opera, a riconoscere le negatività che lo attraversano, a provare a non manifestarle (sperimentando all’inizio quanto “non siamo in grado di fare”).

Allora sì che la vita che viviamo potrebbe diventare “nostra maestra”, cioè occasione di crescita e sviluppo per il nostro Essere, a patto però di non viverla identificati con essa sia per ciò che di gradevole questa ci offre sia per ciò che di sgradevole ci infligge. Non identificati significa riuscire ad avere mentre si “vive” anche una posizione da osservatori, in modo tale da ricordarci che siamo proprio noi quelli in azione in ogni dato momento. La vita ordinaria, quella che comunemente si vive, ci richiede solo sforzi meccanici, ma se proviamo e riusciamo a praticare la non identificazione, la vita stessa diventa occasione per compiere sforzi coscienti. Fare uno sforzo cosciente anche solo per un periodo breve, cercando di mantenersi consapevoli ed osservarsi con cura, ci permette non solo di conoscerci meglio (avere informazioni sul proprio essere, sul tipo di persona che si è, sul modo in cui si reagisce alle circostanze), ma di “calare” nella pratica la conoscenza delle idee.

Questo post è parte di un percorso per stimolare in chi legge un lavoro su di sé ispirato alle idee della Quarta Via riviste nell’ottica della psicologia attuale. Nel corso dei post verranno fornite anche le indicazioni per una serie di esercizi volti a focalizzate l’attenzione sull’osservazione di se stessi al fine di acquisire una consapevolezza maggiore. Ogni post è di per sé esaustivo, ma chi intendesse usare questa risorsa per cominciare a lavorare su di sé, è importante seguire la cronologia dei post come progressione logica degli argomenti.

Leggi lezione n. 31: Le illusioni contrarie allo sviluppo di sé

Leggi: Come aumentare la propria consapevolezza con la meditazione