La considerazione esterna si basa su una forma particolare di relazione verso le persone, grazie alla quale sviluppiamo la capacità di adattarci agli altri, di comprenderli e di porre attenzione alle loro esigenze. Lungi dall’essere una falsa compiacenza degli altri, la considerazione esterna è una importante tappa del lavoro su noi stessi…
Il lavoro su se stessi ha molte sfaccettature e la strada verso la consapevolezza e verso un’evoluzione del proprio Essere passa anche attraverso i rapporti che abbiamo con le altre persone. Nella condizione ordinaria tendiamo “naturalmente” verso un egotismo di base: per noi vale il nostro punto di vista, le nostre ragioni, i nostri sentimenti, etc. Insomma i nostri Io la fanno da padroni e diventano il metro con cui entriamo in contatto con gli altri. Ma questa condizione “spontanea”, ovvero meccanica, del modo con cui funziona la nostra “macchina” comporta non solo che gli altri in quanto diversi da noi scompaiono, ma anche la messa in moto di tutte quelle lamentele, recriminazioni, situazioni di “conti in sospeso” che inquinano la nostra vita emotiva e i rapporti interpersonali. A questa modalità di funzionamento della nostra psiche abbiamo dato, in precedenza, il nome di considerazione interiore. La considerazione esterna è, invece, una modalità diversa da tutto ciò di entrare in contatto e in relazione con gli altri, usando i principi del lavoro su noi stessi per comprendere le altre persone e, nello stesso tempo, per continuare a lavorare su noi stessi e sull’auto controllo. In questo senso la considerazione esterna è del tutto differente dalla considerazione interna: se quest’ultima ci tiene ancorati all’esclusiva centralità di ciò che pensiamo di noi stessi e, di conseguenza, di ciò che ci aspettiamo dagli altri, la considerazione esterna ci richiede di metterci nei panni degli altri, valutando il fatto che questi sono delle “macchine” come noi e che il loro agire, fare o sentire proviene da un punto di vista differente dal nostro. La considerazione esterna vuol dire adattarci agli altri, alle loro esigenze, comprenderli.
Facciamo un esempio: siamo seduti su una panchina di un giardino pubblico mentre nostro figlio gioca liberamente insieme ad un altro bambino; ad un certo punto la mamma di questo bambino lo rimprovera perché non vuole che si sporchi i vestiti con l’erba del prato e noi ci accorgiamo che nostro figlio rimane anche lui colpito da quel rimprovero. Se durante tutta questa scena noi fossimo sufficientemente presenti a noi stessi, ci saremmo potuti accorgere che internamente, via via, abbiamo cominciato a provare un certo fastidio. Infatti la “nostra idea” è che i bambini al parco vanno lasciati giocare in libertà e che non è educativo “mortificarli” con dei rimproveri che inibiscono la loro spontaneità. Per cui, facendo attenzione alle nostre emozioni faremmo caso che si è affacciata in noi una certa antipatia per quella mamma. A tutto questo diamo il nome di considerazione interiore: siamo centrati sul nostro Io del momento, vediamo solo noi stessi e i nostri giudizi. Ora se per caso interagissimo con la mamma in questione sulla scorta della nostra considerazione interiore, ne potrebbe nascere un piccolo conflitto perché, per esempio, le potremmo esprimere tutta la nostra disapprovazione per il modo in cui tratta suo figlio e sicuramente le mostreremmo anche la nostra emozione negativa nei suoi confronti. Cosa dovremmo fare, invece, se applicassimo la considerazione esterna? Per prima cosa ricordare di non dare corso alle nostre emozioni negative; quindi riflettere sul fatto che il comportamento di quella mamma è il frutto dei suoi automatismi e non deriva da una scelta volontaria e consapevole sia nei suoi contenuti sia nelle emozioni che esprimeva; e ancora, che esiste un punto di vista differente dal nostro che, seppur noi non condividiamo, può essere considerato valido da altre persone. E quali sarebbero le conseguenze di tale considerazione esterna? Sul piano dei rapporti eviterebbe l’insorgenza di conflittualità emotive (generatrice, per esempio, di relazioni basate sull’antipatia) e ci metterebbe nella condizione di capire meglio il nostro interlocutore proprio osservandolo come facciamo con noi stessi. Ciò non vuol dire condividerne le idee o le modalità di comportamento ma ci permetterebbe di esprimere il nostro punto di vista con meno emotività e rendendo, di fatto, più leggera l’interazione in questione.
Inoltre, imparare a considerare esternamente ci consente di continuare a lavorare su di noi dal momento che essa esige da parte nostra un grande potere e dominio su se stessi, una capacità di osservazione di sé, consapevolezza della nostra vita interiore e coscienza di ciò che pensiamo e sentiamo, oltre che una capacità di gestire le emozioni negative. La considerazione esterna è qualcosa che spesso sperimentiamo “spontaneamente” nella nostra vita ordinaria, tant’è che talvolta ci capita di voler non esprimere o mostrare ad un nostro interlocutore ciò che realmente pensiamo di lui o proviamo nei suoi confronti. Tuttavia, tale proponimento non sempre è possibile mantenerlo sia perché si presenta in maniera casuale e, quindi, non è il frutto di uno sforzo cosciente, sia perché in genere siamo molto deboli da questo punto di vista. Così può accadere di cedere rispetto a tale proponimento, e in questo modo finiremo per “spiattellare” al nostro interlocutore ciò che pensiamo di lui. Giustificheremmo il tutto dicendo di aver “deciso” di fare così perché non volevamo mentire o fingere, bensì essere sinceri fino in fondo. In realtà siffatta sincerità (così come la tanto elogiata spontaneità) è solo una scusa per nascondere la nostra incapacità all’auto controllo. L’evitamento della conflittualità emotiva con gli altri, così come lo sforzo di mettersi nei loro panni, non significa fingere di voler fare del bene mentre in realtà vorremmo, in taluni casi, il male dell’altro. Ai fini del lavoro su noi stessi non serve sforzarsi ad essere gradevoli agli altri quando invece li detestiamo. La considerazione esterna se correttamente compresa e praticata si basa sulla nostra sincerità interiore. Ma questo è un punto di arrivo in cui riusciamo veramente a capire la “posizione esistenziale” dell’altro (ciò, ripetiamo, non comporta la condivisione del suo agire) per cui il nostro atteggiamento di disponibilità non è frutto dell’ipocrisia, e tanto meno “un’opera buona”, ma il risultato di una sincera disposizione interiore.
L’attenzione alla considerazione esterna, per come un individuo è in grado di praticarla, deve vederci impegnati fin dalle fasi iniziali del lavoro su noi stessi. Questo perché se noi siamo troppo centrati su di noi non potremmo mai fare quel salto nello sviluppo del nostro Essere, riuscendo a disidentificarci dal nostro Io e divenendo capaci di guardarci intorno cogliendo la realtà e gli altri per quello che sono e non come vorremmo che fossero. Se la tazza da cui bevo il mio tè non ha un manico per afferrarla (e quindi devo usare entrambe le mani per berne il contenuto) non posso arrabbiarmi con essa perché è scomoda per me da prendere; dovrò adattare il mio bere alle sue caratteristiche e questo mi permetterà di “interagire” con lei; dovrò evitare di continuare a ripetere tra me e me che quella è una “stupida tazza” o che “il destino mi è contrario perché mi è capitata una simile tazza”.
Sicuramente ognuno di noi ha una modalità più o meno standard di rapportarsi con gli altri, frutto di abitudini e dei nostri specifici limiti. Attraverso questi “occhiali” vediamo gli altri e spesso, per tali motivi, non ci piacciono. Il lavoro su noi stessi non ci chiede di fingere che gli altri ci siano simpatici ma di cercare di lavorare sull’antipatia perché non si può considerare esternamente qualcuno se proviamo nei suoi confronti tale sentimento. Nelle relazioni con gli altri dobbiamo evitare la crescita “spontanea” e meccanica dell’antipatia. Tra l’altro, spesso, l’antipatia per qualcuno non è un sentimento stabile. Osservandosi con sincerità potremmo, infatti, accorgerci che quando siamo in uno stato negativo ci ricordiamo di una certa persona solo delle cose sgradevoli; quando, invece, ci troviamo in uno stato d’animo positivo tendiamo a dimenticarle lasciando più spazio a ricordi piacevoli. Quando lasciamo che sia l’antipatia a governare la nostra vita emotiva consentiamo volontariamente a pensieri e sentimenti sgradevoli sugli altri di occupare la nostra coscienza. Osservandoci noteremo che siamo noi a richiamare alla mente tali pensieri negativi per cui è importante apprendere a neutralizzarli. La considerazione esterna serve appunto a questo, a purificare la nostra vita emotiva da simile emozioni negative. Purtroppo la vita ordinaria non ci richiede di considerare esternamente gli altri, ed è per tale motivo che la sua pratica richiede uno sforzo cosciente. Facciamo un esempio per comprendere questo punto.
Un buon esempio di una persona che utilizza nella sua vita la considerazione esterna è il maggiordomo. Per praticare il suo lavoro egli deve essere un individuo molto intelligente: è necessario che sappia osservare ciò le persone gradiscono, essere attento alle loro peculiarità, a ciò che si aspettano che lui faccia, finanche comprendere ciò cosa le contraria. Deve essere dotato di una intelligenza che gli consenta di adattarsi alle necessità degli altri e avere una propensione a farsi in quattro sempre per gli altri. Deve avere tatto nei modi di fare e sapere annullare se stesso al servizio altrui. Tutto questo è un ottimo esempio della considerazione esterna, salvo per un particolare: il maggiordomo fa tutto questo perché sta ricoprendo un ruolo e quello che lui compie è uno sforzo richiesto, un dovere. Al contrario nel lavoro la considerazione esterna è diversa rispetto alla medesima agita nella vita ordinaria. Nel lavoro la considerazione esterna deve essere praticata tramite uno sforzo cosciente e volontario, non imposto o richiesto; inoltre, dovrebbe maturare da una reale considerazione rivolta agli altri e non da un agire a noi estraneo. Sicuramente una persona a cui nella vita ordinaria è richiesta la considerazione esterna e, dunque, ne conosce il senso e pertanto è abituata a usarla, potrà capirne meglio il significato quando sarà impegnata nel lavoro su se stessa.
Potremmo comprendere l’importanza della considerazione esterna nel lavoro anche da un altro punto di vista: come pensiamo di poter far evolvere il nostro Essere tramite la consapevolezza di sé se continuiamo nel rapporto con gli altri a fare sempre “i conti” con il dare e l’avere, oppure ad usare un sottile disprezzo o parole che intenzionalmente desiderano ferire l’altro. Si capisce come, allora, la nostra crescita personale non è fatta solo di attenzione a noi stessi ma anche verso gli altri. Nel processo di acquisizione della coscienza, una cosa dipende dall’altra. Proviamo a fare un esercizio utile a lavorare su questo aspetto: per una settimana proviamo a considerare esternamente una persona a noi vicina. Osserviamo quelle che sono le nostre reazioni negative meccaniche nei suoi confronti; proviamo ogni volta che sentiamo nascere in noi un qualche fastidio verso di lei a considerare che ciò che sta facendo o dicendo è il frutto di quegli automatismi che spesso guidano anche il nostro comportamento; cerchiamo di non identificarci e facciamo attenzione al nostro parlare interiore riferito a questa persona e su che cosa esso verte. Cerchiamo di accorgerci che spesso pensiamo che questa persona debba fare cose in base alle nostre aspettative che si basano sul fatto che assimiliamo gli altri a noi. Impariamo così a comprendere che l’altro è realmente diverso da noi e che, quindi, si comporta in modo differente e che affronta la vita non come facciamo noi.
Questo post è parte di un percorso per stimolare in chi legge un lavoro su di sé ispirato alle idee della Quarta Via riviste nell’ottica della psicologia attuale. Nel corso dei post verranno fornite anche le indicazioni per una serie di esercizi volti a focalizzate l’attenzione sull’osservazione di se stessi al fine di acquisire una consapevolezza maggiore. Ogni post è di per sé esaustivo, ma chi intendesse usare questa risorsa per cominciare a lavorare su di sé, è importante seguire la cronologia dei post come progressione logica degli argomenti.
Leggi lezione n. 39: LA considerazione interiore
Leggi su: Come mostrare attenzione verso gli altri