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Senso di colpa : analisi e rimedi

Come si manifesta il senso di colpa? Quali sono i pensieri che lo sostengono? A cosa serve? E, soprattutto, come provare a sbarazzarsene. Wayne Dyer ci insegna come lavorare con i nostri inutili sensi di colpa per provare ad avere una vita più felice.
Wayne Dyer, Le vostre zone erronee, BUR Rizzoli

Siamo stati in molti a venire prescelti come vittime di una cospirazione, di un complotto non premeditato mirante a trasformarci in vere e proprie macchine da colpa. La macchina funziona nel modo seguente: qualcuno invia un messaggio destinato a rammentarti che, facendo o non facendo, dicendo o non dicendo una certa cosa, sei stato cattivo. Tu rispondi a quel messaggio contristandoti. Sei la macchina da colpa, un congegno strano, che cammina parla respira, e che reagisce con un senso di colpa ogni qualvolta le venga somministrato il combustibile appropriato. Se poi hai avuto un’immersione totale in una cultura come la nostra, che produce colpa, come macchina sei bene oliato. Come mai non hai respinto i messaggi di colpa e d’inquietudine che ti sono stati inviati in tutti questi anni? In gran parte per il motivo che, se non ti senti colpevole, ciò è considerato un “male”, e che non preoccuparsi è “inumano”. Tutto ciò ha a che fare col CUORE. Se qualcuno o qualcosa ti sta veramente a cuore, lo dimostri sentendoti colpevole per le cose terribili che hai commesso, oppure dando prova, visibilmente, di preoccuparti del futuro. È quasi come se tu dovessi dimostrare la tua nevrosi per guadagnarti l’etichetta di persona dotata di cuore.
Il senso di colpa è la più inutile di tutte le “zone” comportamentali. Di tutti gli sprechi di energia emozionale, è di gran lunga il maggiore. Perché? Ma perché, per definizione, ti senti paralizzato nel presente per una cosa che ha già avuto luogo: ciò che è stato, è stato, e nessun senso di colpa può mutarlo.

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Felicità : le 4 trappole

Le trappole della felicità sono delle errate quanto diffuse convinzioni che, anziché aiutarci nel perseguire il raggiungimento della felicità, costituiscono un ostacolo verso questa metà. Conduciamo la nostra esistenza affidandoci a molte convinzioni inutili e inesatte a proposito della felicità – idee ampiamente accettate solamente perché «tutti sanno che è così». Tali convinzioni sembrano assolutamente sensate, ed è per questo che le incontriamo in quasi tutti i libri di auto-aiuto che abbiamo letto. Purtroppo, però, queste idee fuorvianti creano un circolo vizioso nel quale più cerchiamo di trovare la felicità, più soffriamo. E questa trappola psicologica è nascosta così bene che nulla ci fa sospettare di esserci dentro.
Russ Harris, La trappola della felicià. Erickson

Immagina per un momento che quasi tutto ciò che credi su come raggiungere la felicità sia in realtà inesatto, fuorviante o falso. E immagina che siano proprio queste tue convinzioni a farti sentire infelice. E se in realtà fossero proprio i nostri sforzi per trovare la felicità a impedirci di ottenerla? E se scoprissimo che quasi tutte le persone che conosciamo si trovano sulla stessa barca — compresi tutti gli psicologi, psichiatri e guru dell’auto-aiuto che affermano di possedere tutte le risposte? (…)
Nel mondo occidentale abbiamo oggi degli standard di vita più elevati che mai. Abbiamo cure mediche, cibo, condizioni abitative e un’igiene migliori; più denaro, più servizi di assistenza e un maggiore accesso all’istruzione, alla giustizia, ai viaggi, alle diverse forme di svago e alle opportunità di carriera. Di fatto, oggi la classe media vive meglio di una famiglia reale di non molto tempo fa. Eppure l’uomo di oggi non sembra molto felice. In libreria, i reparti dedicati all’auto-aiuto traboccano di libri su depressione, ansia, stress, problemi di relazione, varie dipendenze (fumo, alcol, shopping, ecc.) e altro ancora. Nel frattempo, alla televisione e alla radio gli «esperti» ci bombardano quotidianamente di consigli su come migliorare la nostra vita. Il numero degli psicologi, psichiatri, counselor della coppia e della famiglia, assistenti sociali e life coach cresce ogni giorno. Eppure, nonostante tanti aiuti e consigli, l’infelicità umana sembra non diminuire, ma al contrario crescere vertiginosamente! Non c’è qualcosa che non va in tutto questo?

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Psicologia : controllo o conoscenza?

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La psicologia deve svilupparsi nella direzione di favorire i processi della trasformazione umana e del cambiamento dell’individuo. Se la psicologia resta compromessa nel determinare l’ordine sociale o nel ridurre l’alienazione, potrà rimediare a questa o quella deficienza, ma rappresenterà soltanto un altro strumento per rendere l’uomo più automatizzato e più adatto a una società alienata.
Erich Fromm, Il bisogno di credere. Mondadori

La crescente popolarità di cui gode ai giorni nostri la psicologia è accolta da molti come un segno promettente del nostro avvicinarci alla realizzazione della massima delfica «Conosci te stesso». Indubbiamente questa interpretazione non è priva di fondamento. (…)James e Freud erano profondamente radicati in questa tradizione e senza dubbio hanno contribuito a trasmettere tale aspetto positivo della psicologia all’epoca attuale. Il che non deve indurci a ignorare altri aspetti dell’interesse contemporaneo per la psicologia che sono invece pericolosi e nocivi allo sviluppo spirituale dell’uomo. É appunto di tali aspetti che ci occupiamo in questo saggio.
La conoscenza psicologica ha assunto una funzione particolare nella società capitalistica, una funzione e un significato ben diversi da quelli sottintesi dal «Conosci te stesso». La società capitalistica è incentrata sul mercato (il mercato dei prodotti e il mercato del lavoro) dove si scambiano liberamente beni e servizi, senza tener conto dei criteri tradizionali e senza ricorrere alla violenza o alla frode. Invece, per il venditore assume importanza decisiva la conoscenza del cliente. Se questo era vero anche cinquanta o cento anni fa, negli ultimi decenni la conoscenza del cliente è diventata cento volte più importante. Con la crescente concentrazione delle imprese e del capitale, conta sempre di più sapere in anticipo quali saranno i desideri del consumatore, non solo per conoscerli ma anche per influenzarli e manipolarli. L’investimento di capitale sulla scala delle gigantesche imprese moderne non si fa più «a naso», ma dopo attento studio e manipolazione del cliente. E oltre alla conoscenza del consumatore («psicologia di mercato») si è aperto un nuovo campo della psicologia, basato sul desiderio di capire e manipolare l’operaio e l’impiegato. Il nuovo campo si chiama «relazioni umane». É questa una conseguenza logica del mutato rapporto tra capitale e lavoro. Al posto dello sfruttamento nudo e crudo si è venuta affermando una sorta di collaborazione fra i colossi padronali e la burocrazia sindacale, giunti entrambi alla conclusione che alla lunga è più utile giungere al compromesso che combattersi.

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Psicosintesi : l’unione dei tanti nostri io

Psicosintesi è una concezione dinamica della vita psichica quale lotta fra una molteplicità di forze contrastanti e un centro unificatore che tende a comporle in armonia. Psicosintesi è un termine coniato da Roberto Assagioli per riferirsi ad una concezione dell’essere umano. Psicosintesi è un insieme di metodi di azione psicologica volti a favorire e a promuovere l’integrazione e l’armonia della personalità umana. Gli scopi della psicosintesi possono essere riassunti in: conosci te stesso, possiedi te stesso, trasforma te stesso.  Psicosintesi è un approccio terapeutico di tipo umanistico; psicosintesi è una modalità educativa e formativa per la crescita personale.
Roberto Assagioli, Cambiare se stessi. Psicosintesi per l’armonia della vita. Astrolabio

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Una delle maggiori cecità, delle illusioni più nocive e pericolose che ci impediscono di essere quali potremmo essere, di raggiungere l’alta meta a cui siamo destinati, è di credere di essere per così dire “tutti d’un pezzo”, di possedere cioè una personalità ben definita. Infatti generalmente tutta la nostra attenzione, il nostro interesse, la nostra attività sono presi da problemi esterni, pratici, da compiti e mete che sono fuori di noi. Ci preoccupiamo di guadagnare, di possedere dei beni materiali, di ottenere il successo professionale o sociale, di piacere agli altri, oppure di dominarli. Presi da questi miraggi, trascuriamo di renderci conto di noi stessi, di sapere chi e che cosa siamo, di possederci.
È vero che in certi momenti siamo obbligati ad accorgerci che vi sono in noi elementi contrastanti e dobbiamo occuparci di metterli d’accordo; ma siccome è una constatazione sgradevole e scomoda, un compito che ci appare difficile, complesso, faticoso, un penetrare in un mondo che ci è quasi sconosciuto, in cui intravediamo un caos che ci turba e ci impaurisce, noi rinunciamo ad entrarvi, cerchiamo di pensarci il meno possibile.
Tentiamo di “tener buone” le diverse tendenze che accampano pretese, che esigono soddisfazione, facendo delle concessioni ora all’una ora all’altra, a seconda che ci appaiono più forti ed esigenti. Così a volte appaghiamo, entro certi limiti, i nostri sensi, i nostri istinti; altre volte facciamo quello a cui ci spinge una passione, un sentimento; in certi momenti ci prendiamo il lusso di seguire (fino ad un certo punto!) gli incitamenti della nostra coscienza morale, cerchiamo di realizzare in qualche modo un ideale. Ma non andiamo a fondo in nessuna direzione, ci destreggiamo con una serie di ripieghi, di compromessi, di adattamenti e, diciamolo pure, di ipocrisie con noi stessi e con gli altri.
Così tiriamo innanzi alla meglio e, quando le cose ci vanno bene, ci congratuliamo con noi stessi della nostra abilità, della nostra furberia, del buon senso, dell’equilibrio di cui diamo prova. Però spesso questi metodi, che si potrebbero chiamare di ordinaria amministrazione della vita, si dimostrano inadeguati ed insufficienti. Le concessioni che facciamo non soddisfano, anzi suscitano nuove e crescenti pretese. Mentre si accontenta una parte, altre insorgono e protestano; se ci abbandoniamo alla pigrizia, al dolce far niente, l’ambizione ci assilla; se concediamo all’egoismo, la coscienza ci disturba; se allentiamo le redini ad una passione, essa ci prende la mano, ci fa ruzzolare in un precipizio; se comprimiamo troppo duramente una parte vitale possiamo far insorgere disturbi neuro-psichici. In questo modo si vive in uno stato di perenne instabilità, di disagio, di mancanza di sicurezza. È facile constatarlo, osservando con un po’ d’attenzione e di sincerità noi stessi e gli altri.

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Psicologia del profondo

Psicologia del profondo dovrebbe essere, secondo James Hillman, il vero senso della psicologia nella sua incessante opera di comprendere l’anima e i suoi processi. L’obiettivo della psicologia sarebbe, dunque, di recuperare la dimensione profonda della propria ricerca, per andare al di là di spiegazioni naturalistiche del comportamento umano. Da: James Hillman, Il sogno e il mondo infero. Adelphi

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La mitologia è una psicologia dell’antichità. La psicologia è una mitologia dell’epoca moderna. Gli antichi non avevano una psicologia, in senso stretto, ma avevano i miti, racconti congetturali sugli esseri umani nella loro relazione con forze e immagini più che umane. Noi moderni non abbiamo alcuna mitologia, in senso proprio, ma abbiamo sistemi psicologici, teorie congetturali sugli esseri umani nella loro relazione con forze e immagini più che umane, oggi dette campi, istinti, pulsioni, complessi. Questo principio della psicologia archetipica, forse la cifra che la distingue da altre psicologie, è anche una prassi. Consente di riflettere ciascuna posizione psicologica come fantasia o mitologema. Usa i miti per criticare dall’interno i positivismi e opera anche sui racconti mitologici e sulle figure dei miti, sottraendoli alla sfera del puro racconto e riportandoli sulla terra e dentro di noi, mostrando come esattamente un mito agisce nella psiche, nelle abitudini della sua mente e del suo cuore. Il nostro intento è di passare continuamente dal mito alla psiche e dalla psiche al mito, riflettendoli entrambi, usando l’uno per offrire intuizioni all’altra e viceversa, impedendo che ciascuno dei due sia preso esclusivamente per quello che dice di sé.
Le relazioni tra mitologia e psicologia risultano singolarmente evidenti nell’espressione «psicologia del profondo»(Tiefenpsychologie), proposta all’inizio del secolo dallo psichiatra zurighese Eugen Bleuler come la denominazione più appropriata per la nuova scienza della psicoanalisi. Questa mossa terminologica spostava l’attenzione dall’azione alla visione, dal dissezionare le cose al guardarle in profondità. Il nuovo campo di studio poggiava ora su un terreno diverso, meno scientifico in senso fisico, perché meno orientato alla riduzione analitica in parti, e più filosofico in senso metafisico, perché ora la riduzione era indirizzata a una comprensione più profonda. Un terreno diverso, ma non nuovo. Anzi, molto vecchio, giacché nella scelta e nell’adozione di questa espressione riemerge un’immagine antica, dove psicologia e profondità sono connesse.
Eraclito è il primo a collegare psyche, logos e bathun («profondo»): «I confini dell’anima non li potrai trovare, neppure se percorressi tutte le strade: così profondo è il suo logos». Come scrive Bruno Snell, in Eraclito «l’immagine della profondità serve a illuminare la caratteristica precipua dell’anima e della sua sfera, che è quella di avere una dimensione sua propria, di non possedere estensione spaziale». A partire da Eraclito, la profondità diventò la direzione, la qualità e la dimensione della psiche. L’espressione, ormai di uso comune, «psicologia del profondo» afferma esplicitamente: per studiare l’anima, dobbiamo scendere in profondità, e ogni volta che scendiamo in profondità, viene coinvolta l’anima. Il logos dell’anima, la psicologia, implica l’atto di percorrere il labirinto dell’anima, nel quale non si può mai andare abbastanza in profondità. (…)

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I libri di James Hillman
Leggi di James Hillman: Oltre la terapia individuale

Amare : un’arte che si può imparare

Amare cosa vuol dire? Erich Fromm ci spiega i fraintendimenti che rendono la ricerca dell’amore basata sulle qualità dell’oggetto anziché essere l’affinamento di un nostro modo di essere e di stare al mondo.
Da: Erich Fromm, L’arte di amare. Mondadori

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È l’amore un’arte? Allora richiede sforzo e saggezza. Oppure l’amore è una piacevole sensazione, qualcosa in cui imbattersi è questione di fortuna? Questo volumetto contempla la prima ipotesi, mentre è fuor di dubbio che oggi si crede alla seconda.
La gente non pensa che l’amore non conti. Anzi, ne ha bisogno; corre a vedere serie interminabili di film d’amore, felice o infelice, ascolta canzoni d’amore; eppure nessuno crede che ci sia qualcosa da imparare in materia d’amore.
Questo atteggiamento si basa su parecchie premesse: la maggior parte della gente ritiene che amore significhi “essere amati”, anziché amare; di conseguenza, per loro il problema è come farsi amare, come rendersi amabili, e per raggiungere questo scopo seguono parecchie strade.
Una, preferita soprattutto dagli uomini, consiste nell’avere successo, nell’essere ricchi e potenti quanto lo possa permettere il livello della loro posizione sociale. Un’altra, seguita particolarmente dalle donne, è di rendersi attraenti, coltivando la bellezza, il modo di vestire, ecc. Una terza via, seguita da uomini e donne, è di acquisire modi affabili, di tenere conversazioni interessanti, di essere utili, modesti, inoffensivi. Molti dei modi per rendersi amabili sono gli stessi impiegati per raggiungere il successo, per “conquistare gli amici” e la gente importante. Come dato di fatto, quel che la gente intende per “essere amabili”, è essenzialmente un insieme di qualità.
Una seconda premessa per sostenere la teoria che nulla v’è da imparare in materia d’amore, è la supposizione che il problema dell’amore sia il problema di un oggetto, e non il problema di una facoltà. La gente ritiene che amare sia semplice, ma che trovare il vero soggetto da amare, o dal quale essere amati, sia difficile. Un atteggiamento questo determinato da molte ragioni, legate allo sviluppo della società moderna. (…)

Continua a leggere su: Erich Fromm, L’arte di amare. Mondadori

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