L’uomo vive di illusioni che lo tengono lontano dal desiderare per se stesso un modo di essere diverso e più sviluppato. Del resto il desiderio di lavorare su noi stessi può nascere solo dallo svelamento di tali illusioni, reso possibile solo praticando l’osservazione di noi stessi.
Una delle illusioni più radicate nelle persone è quella di essere “uno”: ognuno si attribuisce il possesso dell’individualità che, in questo caso, non significa “essere diverso dagli altri” ma di “funzionare in maniera unitaria”. In realtà, se ci osservassimo con costanza e continuità nell’arco di una giornata scopriremmo in noi un alternarsi di stati, spesso contrapposti fra loro, che altro non sono se non l’espressione di una molteplicità di Io presenti in noi stessi. Altre due illusioni connesse con questa relativa all’unità del nostro essere, sono quelle per cui le persone ritengono di avere una sola volontà e di vivere in una piena coscienza di sé. Eppure basterebbe una sincera auto osservazione per rendersi conto che la nostra vita mentale è governata da volontà che spesso sono antagoniste e in conflitto fra loro e che di volta in volta prendono il sopravvento. Analogamente, sarebbe facile rendersi conto che salvo rari casi compiamo azioni e abbiamo pensieri che non sono altro che automatismi in reazione a stimolazioni che riceviamo o semplici comportamenti meccanici privi di consapevolezza.
Coltivare, inconsapevolmente, tali illusioni fondate sull’immaginare di avere una individualità, una volontà ed essere coscienti, fa rimanere la nostra esistenza in uno stato di penombra (“uno stato di sonno” secondo la tradizione esoterica), il cui risultato è non farci desiderare o aspirare ad una vera consapevolezza di noi stessi con il conseguente sviluppo di sé. L’individuo, così, si limita a immaginare di possedere una unità in se stesso e di condurre una vita cosciente, senza vedersi realmente per quello che è, non riuscendo a ricordarsi di sé, ossia ad essere presente a sé ogniqualvolta agisce e si rapporta agli altri. Non ricordarsi di sé, vivere nell’illusione sostenuta dall’immaginazione ci porta a sperperare la nostra vita, a distruggerla rimanendo prigionieri di tutte le circostanze che di volta in volta finiscono per governarci. Prime fra tutte le emozioni negative che inquinano il nostro vivere e i rapporti interpersonali. L’illusione che le persone hanno di essere “uno”, avere una volontà e di essere consapevoli di sé si riferisce tuttavia ad una possibilità: è possibile avvicinarsi a queste condizioni, raggiungerle a patto però di impegnarsi in un lavoro su se stessi che prima di tutto ci permetta avere esperienza di tale illusione attraverso l’osservazione di sé e ci motivi ad acquisire uno stato di consapevolezza.
Tutto deve partire dall’avere esperienza di questa illusione, ossia dall’accorgerci direttamente del fatto che siamo mancanti di una individualità stabile, di una volontà dominante e di coscienza di noi. Questo dal momento che è proprio tale illusione ad essere il principale ostacolo alla possibilità di lavorare su noi stessi in un determinato modo: infatti, se immaginiamo di possedere qualcosa, non ci impegneremo a conquistarla. Infatti se ci pensiamo bene, perché mai un individuo dovrebbe impegnarsi a raggiungere qualcosa se è già convinto di possederla. Questa è una delle conseguenze illusorie dell’immaginazione con cui compensiamo ciò che non abbiamo e che ci porta a pensare di essere ciò che non siamo. Su questo aspetto le persone sono, in genere, molto brave a notare quando negli altri non c’è corrispondenza tra ciò che sono e ciò che credono di essere, peccando di mancanza di autocritica quando tale considerazione dovrebbe riguardarle. In questo siamo molto indulgenti, finendo per non accorgerci di quanto noi stessi usiamo l’immaginazione per dipingerci come vorremmo essere. Dunque, nel lavoro su se stessi si insiste molto sul fatto che bisogna lottare contro l’immaginazione (quando questa serve a illuderci), soprattutto quando essa si riferisce all’immagine che ci formiamo di noi stessi.
L’auto osservazione serve allora a smantellare tali illusioni, non solo perché alimentano false percezioni di noi stessi, talvolta mettendoci anche in situazioni imbarazzanti con gli altri, ma soprattutto perché ci tolgono la possibilità di maturare una crescita interiore. È bene ripetere: se immaginiamo soltanto già di essere dotati di certe qualità senza verificarne l’effettiva loro presenza in noi, non avremo alcuna speranza di arrivare a possederle. Infatti, spesso con l’immaginazione tendiamo a supplire tale carenza. Così facendo, illudendoci che il nostro essere sia unitario, credendo di avere una sola e costante volontà e di essere pienamente consapevoli, non riusciremo ad accorgerci che invece dentro di noi tali qualità non ci sono. Ignari di ciò – ossia del fatto di non possedere tali qualità che giocherebbero a favore del nostro equilibrio e serenità – riteniamo che i nostri disagi e scontentezze siano causati dal fatto che gli altri non ci stimano abbastanza, che abbiamo meno denaro di quanto vorremmo, etc. Insomma, trascurando le nostre mancanze interiori addebitiamo sempre alle circostanze esterne le nostre insoddisfazioni e malesseri esistenziali. Così l’individuo che immagina di sé cose non vere non crea solo illusioni, ma finisce per danneggiare se stesso dal momento che non potrà muovere un solo passo che lo porti fuori dalla condizione in cui si trova. Resta fermo in un certo punto del proprio sviluppo interiore senza poter proseguire oltre tale stadio e ciò perdurerà finché egli non “vedrà” con chiarezza la persona che realmente è, ossia molto diversa da quell’immagine illusoria di sé con cui si continua a pensare.
Questa nuova comprensione di noi stessi, questa diversa percezione interiore di sé, muta totalmente il senso di sé che un individuo ha avuto fino a quel punto. Cambia perché egli inizierà a vedere se stesso e i fatti della realtà sotto una nuova luce, fuori dalla percezione illusoria che lo aveva dominato fino ad allora. Maturerà una percezione delle cose meno confusa, sarà in grado di attribuire a se stesso tutto ciò che di buono e di cattivo c’è nella sua vita interiore. Riconoscerà come propri tutti i vissuti che sperimenta, si sentirà responsabile di ogni pensiero e stato d’animo. Questo gli consentirà di lavorare con tutte queste parti, specie con quelle negative per vitare di esserne schiavo, arrivando ad una forma di autocontrollo. Infatti, se l’individuo rimane cieco, senza conoscenza riguardo l’origine dei suoi comportamenti, dei pensieri e di ciò che prova, non potrà mai cercare di avere un controllo su di essi. L’osservazione di sé, in questo senso, è il solo strumento per riuscire ad accorgersi di quanto poco gestiamo questi aspetti di noi stessi. Rendersi conto di questo, uscendo quindi dall’illusione del dominio che abbiamo su noi stessi, ammetteremo la nostra impotenza nel governare la nostra esistenza, portando alla luce ciò che è nascosto e ricoperto dall’illusione. Il fatto stesso di arrivare a questa consapevolezza, ossia di non “essere padroni in casa nostra”, fa sì che il cambiamento diventi possibile perché accanto a questa coscienza di sé nascerà il desiderio di essere diverso.
Questo post è parte di un percorso per stimolare in chi legge un lavoro su di sé ispirato alle idee della Quarta Via riviste nell’ottica della psicologia attuale. Nel corso dei post verranno fornite anche le indicazioni per una serie di esercizi volti a focalizzate l’attenzione sull’osservazione di se stessi al fine di acquisire una consapevolezza maggiore. Ogni post è di per sé esaustivo, ma chi intendesse usare questa risorsa per cominciare a lavorare su di sé, è importante seguire la cronologia dei post come progressione logica degli argomenti.
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