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I problemi come effetto dell’essere coscienti

I problemi quando si affacciano alla nostra consapevolezza sono spesso considerati come fastidiosi. Eppure essi sono la chiara manifestazione del nostro essere coscienti e del fatto che ci siamo distaccati da una vita infantile e puramente istintuale…Carl Gustav Jung, “Gli stadi della vita”, In Opere vol. 8, Bollati Boringhieri

Parlare dei problemi psichici delle diverse età dell’uomo è un compito assai complesso, poiché consiste nientemeno che nello svolgere un quadro di tutta la vita psichica, dalla culla fino alla tomba. Un tale compito non potrà essere svolto, nei limiti concessi da una conferenza, che nelle sue linee generali; naturalmente non si tratta di fare qui una descrizione della psicologia normale delle differenti età; dobbiamo invece trattare dei “problemi”, cioè dobbiamo trattare questioni piene di difficoltà, di dubbi, di ambiguità, in breve questioni alle quali si può dare più di una risposta, e per di più, risposte che non sono mai sufficientemente sicure e fuori di dubbio. Dovremo quindi, sovente, pensare in forma interrogativa, e quel che è peggio, accettare alcune cose senza discuterle, teorizzando quando sarà necessario.Se la vita psichica consistesse soltanto di dati di fatto, come è il caso ancora per chi si trova allo stadio primitivo, potremmo accontentarci di un solido empirismo. Ma la vita psichica dell’uomo civile è ricca di problemi: non solo, ma non la si potrebbe concepire senza di essi. I nostri processi psichici sono per la maggior parte riflessioni, dubbi, esperienze; fenomeni tutti che la psiche istintiva inconscia del primitivo, si può dire, non conosce affatto. Dobbiamo l’esistenza di questi problemi all’allargamento del campo della coscienza; tali sono i doni funesti della civiltà. L’allontanarsi dall’istinto,о l’erigersi contro di esso, crea la coscienza.

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Lo psichico, un mix di conscio e inconscio

Lo psichico è un aspetto della vita dell’essere umano che ancora oggi, spesso, viene associato solo alla vita mentale conscia. In realtà lo psichico è composto di due qualità: il conscio e, soprattutto, l’inconscio. Ecco alcune prove su questa seconda qualità della vita mentale dell’individuo, nelle parole di Sigmun Freud. Sigmund Freud, “Alcune lezioni elementari di psicoanalisi”, In “Opere”, Bollati Boringhieri

Anche la psicologia è una scienza naturale. Che altro mai dovrebbe essere? Eppure il suo caso è diverso. Non tutti si azzardano a esprimere un giudizio su temi di fisica, e tutti invece – il filosofo come l’uomo della strada – hanno un loro parere da esternare su problemi di psicologia, e si comportano come se fossero quantomeno psicologi dilettanti. E succede una cosa ben strana: che tutti, o quasi tutti, sono d’accordo nel dire che ciò che è psichico ha in effetti un carattere comune, nel quale si esprime la sua essenza. E questo carattere unico e indescrivibile (ma non c’è alcun bisogno di descriverlo) è il carattere della consapevolezza. Tutto ciò che è conscio sarebbe psichico e, viceversa, tutto ciò che è psichico conscio. Questo sarebbe ovvio e non avrebbe senso contraddirlo. (…) No, la consapevolezza non può essere l’essenza de lo psichico, essa è soltanto una sua qualità e anzi una qualità incostante, che talvolta c’è ma assai più spesso non c’è. Lo psichico in sé, quale che sia la sua natura, è inconscio, e probabilmente è di specie analoga a tutti gli altri processi della natura di cui siamo venuti a conoscenza. Per motivare la propria asserzione la psicoanalisi chiama a raccolta parecchi fatti di cui diamo un saggio nel testo che segue. Si sa cosa si intende quando si parla di “idee improvvise”: pensieri che d’un tratto affiorano belli e fatti alla coscienza, senza che nulla si sappia della loro preparazione, che pure dev’esser consistita in atti psichici. Addirittura può accadere che si pervenga in questo modo alla soluzione di un difficile problema intellettuale sul quale prima, invano, si era riflettuto a lungo.

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Controllo cosciente e libertà

Il controllo cosciente della nostra mente è sicuramente un obiettivo importante per garantire la nostra libertà di scelta. Tuttavia non è facile lavorare nella direzione di questo controllo cosciente e gli ostacoli sulla strada sono molti. Esistono tuttavia alcune strategie che possono aiutarci… John Bargh, “A tua insaputa”, Bollati Boringhieri.

Per migliaia di anni siamo stati così speciali che più speciali non si poteva. Non solo la Terra, ma l’intero Universo ruotava intorno a noi. Secondo il pensiero occidentale la Terra era il centro del cosmo e l’uomo rappresentava il fulcro della vita sulla Terra. Tutto era stato creato ed esisteva unicamente perché noi ne godessimo. E il nucleo di tutto era la mente cosciente, la nostra anima, il fulcro di ognuno di noi, il nostro collegamento soprannaturale con Dio e con l’eternità. Poi iniziarono centinaia di anni di inarrestabile detronizzazione. Prima arrivarono Copernico e Galileo con le loro teorie e poi, arrivò la prova che la Terra in effetti non era il centro dell’Universo. Non era neanche il centro del Sistema solare, visto che eravamo noi a girare intorno al Sole e non viceversa. A seguire, arrivò un colpo ancora più devastante. Darwin dimostrò che gli esseri umani non sono il punto più alto raggiunto dalla vita terrestre e che tutte le creature, grandi e piccole, non sono state create nella forma in cui le vediamo oggi, ma sono diventate così in modo graduale, nel corso di tempi lunghissimi e attraverso processi totalmente naturali, e che questo valeva anche per noi. (…)Ed ecco Freud e Skinner che danno il colpo di grazia. Non solo il nostro pianeta, la grande roccia su cui ci troviamo, non è che un puntino in un angolo remoto dell’Universo; non solo non abbiamo nulla di diverso né di speciale rispetto alle piante e a tutti gli altri animali, ma non abbiamo neanche il controllo cosciente della nostra mente, dei nostri sentimenti e delle nostre azioni. Freud affermava che forze nascoste agiscono dentro di noi e ci controllano, anche se non ce ne accorgiamo. Skinner, poi, ci ha tolto anche quel minimo potere di azione.

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Le funzioni della coscienza

Cosa è la coscienza, quali rapporti ha con l’inconscio e quali sono le sue funzioni? Carl Gustav Jung con la sua solita chiarezza e semplicità ci parla delle quattro funzioni della nostra vita psichica… Carl Gustav Jung, Fondamenti della psicologia analitica. In Opere complete, Bollati Boringhieri

La psicologia è, in primo luogo, la scienza della coscienza. In secondo luogo, è la scienza che studia i prodotti di quella che denominiamo la psiche inconscia. Non possiamo esplorare direttamente la psiche inconscia perché l’inconscio è inconscio e perciò inaccessibile. Possiamo solo avere a che fare con i prodotti consci che supponiamo essere scaturiti da quel campo che chiamiamo l’inconscio, il territorio delle “rappresentazioni oscure”, come le definisce nella sua Antropologia il filosofo Kant, secondo il quale costituiscono una metà del mondo. Sull’inconscio possiamo dire solo quel che ci suggerisce la coscienza. La psiche inconscia, la cui natura ci è totalmente ignota, si esprime sempre attraverso la coscienza e le sue modalità. Non abbiamo altra possibilità. Non possiamo spingerci oltre, e dobbiamo sempre tenerlo presente, come parametro ultimo del nostro giudizio. La coscienza e una cosa strana. È un fenomeno intermittente. Un quinto, o un terzo o forse persino la metà della nostra vita umana trascorre in condizione di incoscienza. La nostra prima infanzia è inconscia. Ogni notte sprofondiamo nell’inconscio, e soltanto nelle fasi tra la veglia e il sonno abbiamo una coscienza più o meno lucida. E fino a che punto lo sia, non è nemmeno del tutto chiaro. Per esempio presumiamo che un bambino o una bambina di dieci anni siano coscienti, ma si potrebbe facilmente dimostrare che si tratta di un tipo molto particolare di coscienza, presumibilmente una coscienza senza alcuna consapevolezza dell’Io. Conosco diversi casi di ragazzi che intorno agli undici, dodici, quattordici anni o anche oltre, esperiscono improvvisamente il proprio Io. Per la prima volta nella loro vita si rendono conto di essere loro a vivere determinate esperienze, e di poter riandare a un passato nel quale sono accadute certe cose, che ricordano, senza però rammentare di esserne stati attori. Dobbiamo riconoscere che, quando diciamo “io”, non disponiamo di un criterio assoluto per valutare se esperiamo pienamente questo “Io”. È possibile che la nostra esperienza dell’Io sia ancora frammentaria e che in futuro la gente saprà molto più di noi quel che esso significa. (…)

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Coscienza : perché non siamo il cervello

La coscienza umana è veramente situata nel cervello dell’individuo. Il filosofo Alva Noë ci spiega come la coscienza sia qualcosa di molto più ampio e che probabilmente va ricercata in ciò che chiamiamo esperienza.
Alva Noë, Perché non siamo il nostro cervello. Raffaello Cortina Editore

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Viviamo in un’epoca di crescente entusiasmo per il cervello. Soltanto la preoccupazione di trovare un gene per qualunque cosa compete oggi con il diffuso ottimismo che circonda le neuroscienze. Percezione, memoria, piacere o dispiacere, intelligenza, morale … il cervello è considerato l’organo responsabile di ogni cosa. Si crede comunemente che persino la coscienza, il Santo Graal della filosofia e della scienza, sarà presto fatta oggetto di una spiegazione neurale. In un’era come la nostra, contraddistinta da spettacolari e costose tecniche di brain imaging (come la risonanza magnetica funzionale e la tomografia a emissione di positroni), difficilmente passa un giorno senza che le pagine scientifiche dei principali quotidiani e delle più importanti riviste diano notizia di nuove conquiste e sensazionali scoperte. Dopo decenni di sforzi comuni da parte di neuroscienziati, psicologi e filosofi, l’unico punto che sembra rimanere non controverso circa il ruolo svolto dal cervello nel renderci coscienti, ossia il modo in cui esso dà origine alle sensazioni, ai sentimenti e alla soggettività, è che non ne sappiamo nulla. Anche i più entusiasti delle nuove neuroscienze della coscienza ammettono che, allo stato attuale delle cose, nessuno possiede ancora una spiegazione plausibile del modo in cui l’esperienza – la sensazione della rossezza del rosso! – possa emergere dal1′ azione del cervello. Nonostante la tecnologia di cui disponiamo e nonostante la sperimentazione sugli animali, non siamo oggi più vicini a comprendere le basi neurali dell’esperienza di quanto lo fossimo cent’anni fa.

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