La solidarietà tra figli e genitori è la base per creare un legame stabile e di fiducia su cui poggia in buona parte l’esito dell’equilibrio individuale proprio dei figli. Bruno Bettelheim ci fa comprendere il concetto di solidarietà familiare, sottolineando il modo in cui i genitori possono dare il loro sostegno al proprio figlio di fronte a una difficoltà.
“Di fronte alle pene e ai dolori dei figli, molti genitori si comportano come se, per il fatto che il figlio è piccolo e immaturo, anche le sue afflizioni debbano essere piccole e immature. Se solo ci riflettessero un istante, e osservassero il bambino quando è infelice, si accorgerebbero che non è vero. Di solito, però, non è una forma di insensibilità che fa attribuire scarsa importanza ai dispiaceri dei bambini, o pensare che siano facilmente superabili. Il più delle volte, il genitore vorrebbe dal profondo dell’anima che a suo figlio fosse risparmiata ogni sofferenza: vorrebbe che fosse felice, che non dovesse subire in così tenera età le pene che la vita infligge a tutti, non quand’è ancora così piccolo. (…) Se noi dessimo davvero importanza a quello che prova nostro figlio, allora, quando è triste e addolorato per una perdita, non cercheremmo di distrarlo dal suo dolore. Se noi stessimo piangendo per la morte di una persona cara, ci parrebbe un segno di scarsa sensibilità se un amico volesse distrarci dal nostro dolore. Da un vero amico ci aspetteremmo che rispettasse la nostra tristezza, che piangesse con noi, e cercasse in questo modo di aiutarci. E rimarremmo allibiti se volesse farci ridere. Ebbene, così si sentono i nostri figli quando mettiamo in atto qualche tattica per fargli dimenticare il dolore che provano. Solo che loro non possono dirci quanto li offenda e quanto li ferisca il fatto che noi possiamo trattarli con tanta leggerezza, anziché piangere con loro. Tuttavia il loro risentimento è uguale a quello che proveremmo noi se un amico volesse fare lo spiritoso quando noi siamo profondamente addolorati.”
COMMENTO – La psicologia ha ampiamente mostrato quanto il rapporto che i genitori riescono a stabilire con i figli sia fondamentale per il loro benessere e l’equilibrio psicologico. Rispetto alla capacità di saper affrontare le avversità della vita esiste un fondamentale antidoto: la sicurezza interiore che un individuo può maturare. Questa sicurezza interiore non si costruisce da soli ma è fondamentale per il suo strutturarsi del rapporto con gli altri. I genitori ricoprono in questo un ruolo basilare soprattutto nell’infanzia e nell’adolescenza quando per i figli è fondamentale sentirsi importanti agli occhi delle persone significative della loro vita, perché questo tipo di certezza consente loro, in quelle fasi, di sentirsi sicuri di se stessi. È quella sicurezza che poi una volta acquisita consentirà ai figli in età adulta di sentirsi stabili e autonomi senza dover stabilire rapporti di dipendenza insana dagli altri alla ricerca di quelle sicurezze che non si sono raggiunte. Perché in una famiglia possa accadere tutto ciò è importante che i genitori soprattutto quando i figli sono ancora piccoli o adolescenti, sappiano stabilire dei rapporti di solidarietà emotiva. Come ci ricorda lo psicoanalista Bruno Bettelheim: “una famiglia può essere definita felice se, quando le cose vanno male per uno dei suoi membri, tutti gli altri lo sostengono e fanno dei suoi problemi il problema di tutti. La famiglia felice non è quella in cui non succede mai nulla di brutto; è quella in cui, quando qualcosa di brutto succede, colui che ne è causa o che ne soffre non viene colpevolizzato, ma è anzi sostenuto nella sua disgrazia.” Affinché un figlio possa avvertire la solidarietà dei propri genitori è importante che se egli si sente depresso o in ansia per qualcosa possa avere la certezza dell’aiuto dei propri genitori perché se questo non accadesse come potrebbe pensare che la sua famiglia sia un “porto sicuro”. Così se un genitore si accorgesse che il proprio figlio sta soffrendo per qualcosa che è andato storto, è proprio la capacità di avvertire la sua sofferenza che darà modo al genitore di stare dalla parte del figlio aiutandolo a non sentirsi sconfitto e dandogli il tempo di elaborare il proprio dolore senza la necessità di doverlo negare o minimizzare. Ancora Bruno Bettelheim ci porta un esempio significativo a proposito: “è vero che, quando il bambino torna da scuola tutto contento perché ha meritato un bel voto, il padre e la madre gli esprimeranno, come è giusto, il loro piacere. Ma se riceve approvazione e sostegno quando già è contento di sé, e disapprovazione quando è scontento, come potrà il bambino non avere l’impressione che i suoi genitori siano come gli amici negli anni dell’abbondanza, che ci lasciano soli nel momento del bisogno?” Quando un figlio confida ad un genitore il motivo della propria infelicità, questi spesso sono portati a convincerlo che quello che sta provando è una sciocchezza, che non deve dare troppa importanze all’accaduto. Proprio questo significa minimizzare o negare ciò che un figlio sta provando, come se dirgli di non prendersela tanto sia sufficiente ad alleviare ciò che sta provando. La solidarietà si costruisce proprio dando importanza a questi accadimenti ed è così che si stabiliscono dei legami di intimità importanti tra genitori e figli. È da questi atteggiamenti dei genitori che i figli deducono di essere importanti ai loro occhi. “E se non rispondiamo in modo appropriato ai loro sentimenti, non con belle parole soltanto, ma con le nostre azioni, possono decidere per il futuro di tenersi per sé quello che provano, impedendoci così di dargli qualunque aiuto.”
Bruno Bettelheim, Un genitore quasi perfetto. Feltrinelli
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