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nostro vero Io

Il nostro vero Io

Cosa intendiamo quando parliamo del nostro vero Io? È infatti esperienza comune l’alternarsi nella nostra coscienza di stati del nostro Io molto diversi tra loro, il cui apparire è sollecitato da circostanze differenti. Eppure questa moltitudine di stati dell’Io non allontana da noi – come nota Assagioli – il convincimento che esiste in ognuno di noi un nucleo forte di identità a rappresentare il nostro vero Io…

“La persona che è in preda ad una tristezza profonda, non solo dice “Io sono triste”, ma dimentica per il momento di essere stata tante volte serena e allegra; non sa quasi concepire come si possa essere lieti, e se vede altri ridere e scherzare prova un senso di sorpresa, e quel contegno le sembra strano, come irreale. Essa tende a generalizzare, ad obbiettivare, per così dire, lo stato d’animo soggettivo e transitorio col quale si identifica; dice ad esempio: “La vita è triste, solo il dolore è vero, tutto il resto è illusione”. Supponiamo ora che questa stessa persona riceva una buona notizia: la perdita non era vera; la persona cara ritenuta morta è invece salva. Vediamo subito cambiare lo stato di coscienza: la tristezza cede il posto alla gioia e la persona, identificandosi col nuovo stato d’animo, esclama: “Come sono contenta” La vita le appare buona, sente che merita di essere vissuta e non di rado nell’esuberanza della gioia dimentica quasi l’esistenza del dolore. Se qualcuno o qualche cosa le rammenta la sua recente tristezza, questa le sembra lontana ed irreale e le vien fatto di dire: “Ora mi sembra di essere un’altra persona!” Questa esclamazione, del tutto spontanea e naturale, che ognuno di noi ha udito più volte, è molto significativa. Infatti da un lato essa mostra come l’identificazione dell’Io col contenuto della coscienza fosse apparentemente completa. Ma la persona, nell’istante stesso in cui pronuncia quella frase, sa di non essere realmente un’altra persona! In altre parole non ha perso il senso della propria identità personale. Ciò significa che mentre l’Io fenomenico cosciente si identifica via via con i vari contenuti della coscienza, vi è qualcosa in noi che non si identifica, che non cambia col cambiare degli stati d’animo, che resta sempre eguale, fisso, inattaccabile. Questo è il nostro vero Io, il Centro della nostra individualità, la sostanza stessa del nostro essere.”

COMMENTO – Cosa significa tutto ciò? Prima di tutto una riflessione consapevole su questo stato di cose per la natura umana dovrebbe aiutarci a vivere con più distacco tutte quelle situazioni che innescano in noi stati del nostro Io con cui tendiamo a identificarci: noi non siamo né la tristezza o la rabbia che proviamo in certi momenti e che ci imprigionano in una condizione percepita in apparenza senza vie di uscita; così come non siamo solo la gioia o la felicità provate in altri frangenti. Si tratta solo di condizioni emotive e non della vera natura del nostro Io. In secondo luogo queste osservazioni di Assagioli dovrebbero essere di stimolo per la ricerca del nostro vero Io. Pensiamolo come un Centro equilibratore di tutte le nostre istanze; una capacità superiore rispetto a quanto ordinariamente facciamo, di vedere le cose e la nostra stessa esistenza in modo oggettivo e non sulla scorta dei continui mutamenti generati dalle condizioni in cui di volta in volta si trova il nostro Io.

Normalmente è difficile percepire il nostro vero Io perché come ricorda Assagioli: “la nostra coscienza è occupata dal continuo fluire dei vari stati d’animo; il nostro Io empirico si identifica via via con essi. Come sarebbe possibile avere allo stesso tempo coscienza dell’Io superiore?” Proviamo allora a raccoglierci in noi stessi a sospendendo per un certo tempo la consueta attività mentale; fermiamo il fluire concitato delle emozioni e a distanziarci un poco dai fatti della vita. Lentamente emergerà uno stato di coscienza diverso, una consapevolezza delle cose e di noi stessi più stabile e oggettiva, e in questa nuova luce emergerà lentamente il nostro vero Io.

Roberto Assagioli, “Cambiare se stessi. Psicosintesi per l’armonia della vita”, Astrolabio

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Roberto Assagioli

Roberto Assagioli: osservare l’ inconscio

Roberto Assagioli, fondatore della psicosintesi, ci mostra come gran parte della nostra vita sia guidata da processi mentali inconsci. Tale inconsapevolezza del nostro agire e pensare ci equipara a delle marionette mosse da una volontà non propria…

“Noi ignoriamo le radici, la provenienza, le cause di molte nostre idee, convinzioni, stati d’animo, impulsi; vediamo per così dire il prodotto già formato. Abbiamo delle concezioni filosofiche, religiose, poetiche; dati atteggiamenti di fronte agli altri, impulsi a fare certe cose. Di questo siamo coscienti; ma le loro vere cause ci sfuggono, hanno radici nel profondo del nostro essere. Basta questo a dimostrare l’importanza pratica, vitale dello studio dell’inconscio. Se noi non vogliamo essere spinti quali marionette mosse da fili invisibili, se vogliamo essere consapevoli del come, del perché pensiamo ed agiamo in dati modi, dobbiamo fare un esame profondo, coraggioso di questa zona oscura che è in noi. Si potrebbe domandare perché tutta la nostra psiche non è cosciente, perché siamo consapevoli solo di una parte della nostra personalità. Si può facilmente capire perché ciò avvenga e debba avvenire. Se vi è una molteplicità di elementi e di attività contemporanee non possiamo seguirli tutti ad un tempo.”

COMMENTO: Secondo Roberto Assagioli il motivo per cui ci sfuggono molti contenuti del nostro inconscio non è dovuto solo a questioni di funzionamento della nostra attenzione, ma esistono dei veri e propri ostacoli che impediscono  l’affioramento dell’inconscio, una vera e propria repressione e rimozione. Infatti, la parte cosciente della nostra mente allontana da sé, rimuove tutti quegli elementi che ci riguardano e che al tempo stesso rifiutiamo perché spiacevoli o perché ci spaventano. In questo modo pensiamo che scacciandoli tali elementi vengano annullati, ma questo modo di fare simile a quello dello struzzo che nasconde la testa davanti ad un pericolo, è profondamente illusorio. Non vedere un problema non vuol dire che quello stesso problema si sia annullato. Infatti, questi contenuti rimossi, non più sotto il controllo della coscienza, sono ora liberi “di scorrazzare, di insidiare l’inconscio, come delinquenti che tanto più operano indisturbati, quanto più se ne nega l’esistenza”. Un altro ostacolo alla conoscenza dei nostri contenuti inconsci, secondo Roberto Assagioli, sta nel fatto che spesso essi sono difficilmente assimilabili per la nostra coscienza. Essi, infatti, hanno una natura così differente rispetto alla nostra personalità cosciente, che si fa fatica a riconoscerli come propri e quindi ad inserirli in un più ampio “come siamo”.  Così accade nei confronti di tali contenuti ci comportiamo come quando diciamo di avere qualcosa “sulla punta della lingua” ma non riusciamo a ben focalizzarla. Allora ci succede di avvertire questi contenuti come se essi premessero dentro di noi per uscire fuori “ma non riusciamo a farla entrare nella coscienza”.

Roberto Assagioli afferma che un altro motivo per cui i contenuti dell’inconscio sono esclusi dalla nostra coscienza “è che non sono pronti, sufficientemente elaborati”. Alcune cose che ci accadono non vengono “digerite” normalmente come accade in genere alle esperienze quotidiane e quindi non sono subito pronte e disponibili per la nostra coscienza. Hanno bisogno di un tempo di decantazione nel nostro inconscio che continua a lavorarle per noi. Finché questa elaborazione non è giunta a termine, i contenuti di queste esperienze “non possono nascere nella nostra coscienza; esse possono premere su di noi, darci un senso di disagio, di pena, di fatica, ma non affiorare”. Chiaramente uno degli sforzi fondamentali per la nostra crescita interiore va proprio indirizzato ad osservare e scandagliare questa dimensione inconscia della nostra vita mentale, esplorandola metodicamente e mettendo da parte i nostri pregiudizi su noi stessi. Osserviamo realmente come siamo senza cercare di difenderci dalla percezione di cose di noi che non ci piacciono; impariamo a essere sinceri in questo “guardarci dentro” e riusciremo a vedere fino in fondo tute quelle dinamiche che muovono il nostro essere.

Roberto Assagioli, Cambiare se stessi. Astrolabio

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Io 1

Io ordinario e Io superiore

Cosa è ciò che chiamiamo il nostro Io. Che tipo di esperienza facciamo di esso e perché, in genere, ne esperiamo solo alcuni aspetti mentre ad altri sicuramente più “elevati” diamo poco ascolto? Roberto Assagioli, “Cambiare se stessi. Psicosintesi per l’armonia della vita”, Astrolabio

Quante volte ciascuno di noi, ogni giorno usa questa breve parola; la usiamo senza esitare, senza riflettere, come se il suo significato fosse ben noto. Ognuno sa che questa parola è il nominativo singolare del pronome di prima persona: su ciò non vi è dubbio. Ma se con l’aggiunta di un piccolo articolo, di una “L” apostrofata cambiamo il pronome in sostantivo, se, in altre parole, consideriamo l’Io non più come ‘parte del discorso ma come simbolo di una realtà, le cose cambiano molto! La nostra sicurezza per una nozione ovvia ed elementare si muta in una forte perplessità, nel senso confuso di un grande mistero. A momenti l’Io ci sembra la realtà più immediata e sicura, ed a momenti invece ci sembra qualche cosa di vago, di inafferrabile, di inesistente, quasi come un punto matematico; qualche cosa di lontano, come il coincidere di innumerevoli parallele all’infinito. A momenti abbiamo vivo il senso della nostra identità personale attraverso ogni mutamento interno ed esterno, a momenti invece ci sentiamo trasformati, diversi, estranei al nostro ‘Io di ieri, ci pare di non ‘riconoscerci più. Talvolta sentiamo fortemente l’unità del nostro essere, la coesione delle sue parti in un tutto organico, in una ‘personalità’, altre volte invece percepiamo in noi stessi profonde differenze, aspri contrasti; ci sembra che ‘due anime alberghino nel nostro petto e che si dilaniano nelle loro lotte accanite. A volte il nostro Io ci sembra intimamente legato col nostro organismo, dipendente da esso, sottoposto all’azione di ogni mutamento fisiologico: a volte invece ci appare del tutto eterogeneo dal corpo, fatto di una sostanza semplice e immutabile, indipendente e inattaccabile da ogni influsso materiale.

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atto di volontà 2

Atto di volontà : cosa è e come compierlo

L’ atto di volontà sostiene molti processi della nostra vita psichica e del nostro comportamento. Quali sono le fasi che lo compongono e perché è fondamentale scoprirne le debolezze. Roberto Assagioli, “L’atto  di volontà”, Astrolabio

L’ atto di volontà consiste di sei fasi o stadi sequenziali. Essi sono:

  1. Lo Scopo, la Meta o il Fine, basati su Valutazione, Motivazione e Intenzione.
  2. Deliberazione
  3. Scelta e Decisione
  4. Affermazione: il Comando o il “Fiat” della Volontà
  5. Pianificazione e Programmazione
  6. Direzione dell’Esecuzione.

Questi sei stadi sono come gli anelli di una catena; dunque la catena stessa – vale a dire l’atto di volontà non ha che la forza del suo anello più debole. Così l’esecuzione di un atto di volontà sarà più o meno efficace e ben riuscito secondo l’efficacia e la riuscita con cui ciascuna fase viene effettuata. Lasciatemi osservare, tuttavia, che qui ci stiamo occupando dell’ atto di volontà nel suo stato ideale e completo; non come fac-simile di ogni atto di volontà ma piuttosto come guida ad un’azione completa, intenzionale. Mentre importanti atti di volontà assicurano una attenta considerazione e l’esecuzione passo passo di ogni stadio (…) richiederà maggior tempo e fatica. Altri stadi potrebbero risultare completamente soddisfacenti con un minimo di sforzo e di attenzione. Per esempio, il capo di una fondazione a cui è stato assegnato del denaro da investire in opere buone può impiegare molto tempo e fatica per chiarire a se stesso quali sono i suoi obiettivi. Dopo di che considererà attentamente le molte possibilità, soppesando i vantaggi e gli svantaggi delle proposte che gli vengono fatte. Ne sceglierà infine una e con un piccolo sforzo ulteriore deciderà di sovvenzionarla. Poi, come ha fatto molte altre volte, programmerà di chiedere alla sua segretaria di avvertire il destinatario, e ordinerà che gli venga intestato un assegno. Qui i primi due stadi sono particolarmente importanti, la decisione lo è di meno; l’affermazione può essere difficile da percepire, mentre la programmazione consiste semplicemente nel contare sulle prestazioni della sua segretaria; e la direzione dell’esecuzione si limita a far sì che la segretaria avverta e paghi il destinatario.

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Psicosintesi : l’unione dei tanti nostri io

Psicosintesi è una concezione dinamica della vita psichica quale lotta fra una molteplicità di forze contrastanti e un centro unificatore che tende a comporle in armonia. Psicosintesi è un termine coniato da Roberto Assagioli per riferirsi ad una concezione dell’essere umano. Psicosintesi è un insieme di metodi di azione psicologica volti a favorire e a promuovere l’integrazione e l’armonia della personalità umana. Gli scopi della psicosintesi possono essere riassunti in: conosci te stesso, possiedi te stesso, trasforma te stesso.  Psicosintesi è un approccio terapeutico di tipo umanistico; psicosintesi è una modalità educativa e formativa per la crescita personale.
Roberto Assagioli, Cambiare se stessi. Psicosintesi per l’armonia della vita. Astrolabio

psicosintesi

Una delle maggiori cecità, delle illusioni più nocive e pericolose che ci impediscono di essere quali potremmo essere, di raggiungere l’alta meta a cui siamo destinati, è di credere di essere per così dire “tutti d’un pezzo”, di possedere cioè una personalità ben definita. Infatti generalmente tutta la nostra attenzione, il nostro interesse, la nostra attività sono presi da problemi esterni, pratici, da compiti e mete che sono fuori di noi. Ci preoccupiamo di guadagnare, di possedere dei beni materiali, di ottenere il successo professionale o sociale, di piacere agli altri, oppure di dominarli. Presi da questi miraggi, trascuriamo di renderci conto di noi stessi, di sapere chi e che cosa siamo, di possederci.
È vero che in certi momenti siamo obbligati ad accorgerci che vi sono in noi elementi contrastanti e dobbiamo occuparci di metterli d’accordo; ma siccome è una constatazione sgradevole e scomoda, un compito che ci appare difficile, complesso, faticoso, un penetrare in un mondo che ci è quasi sconosciuto, in cui intravediamo un caos che ci turba e ci impaurisce, noi rinunciamo ad entrarvi, cerchiamo di pensarci il meno possibile.
Tentiamo di “tener buone” le diverse tendenze che accampano pretese, che esigono soddisfazione, facendo delle concessioni ora all’una ora all’altra, a seconda che ci appaiono più forti ed esigenti. Così a volte appaghiamo, entro certi limiti, i nostri sensi, i nostri istinti; altre volte facciamo quello a cui ci spinge una passione, un sentimento; in certi momenti ci prendiamo il lusso di seguire (fino ad un certo punto!) gli incitamenti della nostra coscienza morale, cerchiamo di realizzare in qualche modo un ideale. Ma non andiamo a fondo in nessuna direzione, ci destreggiamo con una serie di ripieghi, di compromessi, di adattamenti e, diciamolo pure, di ipocrisie con noi stessi e con gli altri.
Così tiriamo innanzi alla meglio e, quando le cose ci vanno bene, ci congratuliamo con noi stessi della nostra abilità, della nostra furberia, del buon senso, dell’equilibrio di cui diamo prova. Però spesso questi metodi, che si potrebbero chiamare di ordinaria amministrazione della vita, si dimostrano inadeguati ed insufficienti. Le concessioni che facciamo non soddisfano, anzi suscitano nuove e crescenti pretese. Mentre si accontenta una parte, altre insorgono e protestano; se ci abbandoniamo alla pigrizia, al dolce far niente, l’ambizione ci assilla; se concediamo all’egoismo, la coscienza ci disturba; se allentiamo le redini ad una passione, essa ci prende la mano, ci fa ruzzolare in un precipizio; se comprimiamo troppo duramente una parte vitale possiamo far insorgere disturbi neuro-psichici. In questo modo si vive in uno stato di perenne instabilità, di disagio, di mancanza di sicurezza. È facile constatarlo, osservando con un po’ d’attenzione e di sincerità noi stessi e gli altri.

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