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Il tradimento e la sua necessità

Il tradimento è una esperienza apparentemente antitetica all’amore. Eppure l’amore e il tradimento sono situazioni che fanno parte dello stesso destino perché entrambi servono ad ogni individuo per crescere e conoscere se stesso, pur partendo da esigenze diverse.

“Tradire un amore, tradire un amico, tradire un’idea, tradire un partito, tradire persino la patria significa svincolarsi da un’appartenenza e creare uno spazio di identità non protetta da alcun rapporto fiduciario. e quindi in un certo senso più autentica e vera. Nasciamo infatti nella fiducia che qualcuno ci nutra e ci ami, ma possiamo crescere e diventare noi stessi solo se usciamo da questa fiducia. se non ne restiamo prigionieri, se a coloro che per primi ci hanno amato e a tutti quelli che dopo di loro sono venuti, un giorno sappiamo dire: “Non sono come tu mi vuoi”. C’è infatti in ogni amore, da quello dei genitori a quello dei mariti, delle mogli, degli amici, degli amanti. una forma di possesso che arresta la nostra crescita e costringe la nostra identità a costituirsi solo all’interno di quel recinto che è l’amore che non dobbiamo tradire. Ma in ogni amore che non conosce il tradimento e neppure ne ipotizza la possibilità c’è troppa infanzia. troppa ingenuità, troppa paura di vivere con le sole nostre forze, troppa incapacità di amare se appena si annuncia un profilo d’ombra. Eppure senza profilo d’ombra, quella che puerilmente chiamiamo “amore”, c’è l’incapacità di abbandonare lidi protetti. di uscire a briglia sciolta e a proprio rischio verso le regioni sconosciute della vita che si offrono solo a quanti sanno dire per davvero addio. E in ogni addio c’è lo stigma del tradimento e insieme dell’emancipazione. C’è il lato oscuro dell’amore. che però e anche ciò che gli conferisce il suo significato e che lo rende possibile.”

COMMENTO – Il tradimento è un viaggio fuori dal noi e in quanto tale (per sua natura) prescinde dal noi. Entrambi sia l’amore che il tradimento nascono da profonde esigenze dell’individuo che però al tempo stesso possono diventare vie di fuga rispetto al mettere in gioco se stessi in un processo di crescita. Infatti, tanto l’amore quanto il tradimento se agiti in maniera rigida e incondizionata finiscono per diventare spazi angusti e non di libertà, spazi in cui rifugiarsi per paura di sperimentare se stessi in maniera differente. Così la demonizzazione del tradimento (che non è solo nella sua versione sessuale) significa non vedere in esso la sua potenzialità di salvezza per individualità di ciascuno di noi, rispetto dall’abbraccio mortale dell’accoppiata amore/noi, quando questo binomio smette di essere emancipazione per i partner, non consentendo né crescita né arricchimento. La demonizzazione del tradimento, contrapposto in questo modo all’amore, si basa spesso sull’amore inteso come possesso; ma il possesso, paradossalmente rispetto all’intenzionalità dell’amore, non tende al bene del partner e neppure alla lealtà verso di lui. Il possesso nell’amore, vissuto come antidoto al tradimento (con la sua declinazione della gelosia), tende al mantenimento di una relazione tra i partner che non è in grado di garantire la loro felicità, visto che questa si nutre sempre della ricerca e della sperimentazione del nuovo dal momento che solo queste situazioni possono stimolare in noi una vera conoscenza di sé. Invece l’amore basato sul possesso, pensato come barriera al tradimento, baratta tutto questo in cambio di una sterile sicurezza. Come scrive Galimberti: “siamo in due, non sappiamo più chi siamo. ma siamo insieme ad affrontare il mondo”.

L’amore è un gioco interpersonale in cui la posta in gioco è duplice : giocare per la felicità che richiede sempre la realizzazione di se stessi, oppure giocare per la sicurezza che altrettanto spesso richiede come posta la negazione di sé. E allora come sintetizza Galimberti: “una cosa è certa: che nella relazione. nel “noi” non ci si può seppellire come in una tomba. Ogni tanto bisogna uscire. se non altro per sapere chi siamo senza di lei o di lui. Solo gli altri. infatti, ci raccontano le parti sconosciute di noi.” In traditore è allora colui che all’interno di un amore diventato prigione ha il coraggio di diventare diverso da ciò che credeva o si aspettava l’altro o di muoversi non più in sintonia con il partner. ma da solo. È questa la slealtà di cui si fa carico il traditore (ripetiamo, laddove il tradimento non è una professione nevrotica che simula solo una fuga che non si riesce a compiere o maschera altre paure) e allora il modo migliore per vivere un tradimento subito è quello di accettare il cambiamento proposta dall’altro, accogliendolo come una opportunità per ridefinire se stessi e la relazione. Tutto ciò è difficile: è complicato tradire così come lo è ridefinire se stessi e il rapporto accettando il cambiamento. Per tali motivi nella coppia è più semplice percorrere la strada della fedeltà o presunta tale e, nel caso di un tradimento, la via del risentimento e della vendetta.

Umberto Galimberti, Le cose dell’amore, Feltrinelli

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Unità: il mito della simbiosi di coppia

L’ unità fusionale all’interno della coppia è al tempo stesso una dimensione anelata e inconsciamente temuta. L’ unità simbiotica muove da desideri irreali e che, quando incontra il dato reale, naufraga miseramente rischiando di far colare a picco il rapporto se i partner non sono abituati a venire a patti con la vita reale per quello che è. L’ unità della coppia come nostalgia della primitiva e infantile unione con la madre, dimensione sempre presente nel nostro panorama psicologico… Aldo Carotenuto, “Amare, tradire”, Bompiani

Vediamo ora più da vicino quali siano le dinamiche su cui generalmente si costruisce e si mantiene un rapporto di coppia, privilegiando ovviamente l’angolazione che abbiamo scelto e nella luce cruda ma realistica che ci ha già consentito di mettere in evidenza l’esperienza del tradimento anche in fasi della nostra vita che a uno sguardo sommario ne sembrerebbero immuni. Il rapporto adulto di coppia è, invece, per lunga tradizione, il luogo “deputato” in cui il tradimento si arroga il ruolo di protagonista; quanto teatro, quanta narrativa, quante pagine di cronaca e persino di storia ruotano intorno a questo tema? Si tratterà di vedere se la nostra “chiave di lettura” sia in grado di consentirci una diversa messa a fuoco del problema e orientarci in direzione di qualche aspetto inedito o insospettato. In termini psicologici la premessa essenziale su cui si basa il rapporto di coppia è l’esistenza, al fondo, di un’attesa. Un’attesa di completezza, di riunificazione, di totalità. Ci riconduce a tale premessa essenziale, tra le altre, la versione platonica dell’antichissimo mito dell’androgino. Come si legge nel Simposio: “Esisteva allora l’unico androgino, partecipe di entrambi, maschio e femmina, sia nella forma sia nel nome, mentre oggi non esiste che il nome, attribuito per oltraggiare. […] Erano terribili per forza e per vigore, nutrivano pensieri superbi e perciò attaccarono gli dei. […] Zeus e gli altri dei, allora, dibattevano su cosa si dovesse fare ed erano in difficoltà, perché né potevano ucciderli e annientarne la specie fulminandoli come giganti – in tal caso sarebbero scomparsi gli onori e i sacrifici resi loro dagli uomini – né potevano lasciarli insolentire. Dopo faticosa riflessione Zeus allora disse: “Mi pare di avere un espediente per fare sì che continuino ad esistere uomini e, al tempo stesso, indeboliti cessino dalla loro tracotanza. Ora, continuò, li taglierà ciascuno in due e cosi saranno al tempo stesso, più deboli e più utili a noi, essendosi accresciuti di numero.”

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Perdono e tradimento

Il perdono, dopo un tradimento, è una difficile via ma al tempo stesso è, forse, il gesto più alto di un amore. Ma anche il non perdonare è una decisione di uguale valore che evita di rifugiarsi nel perdono per paura della solitudine. Massimo Recalcati, “Non è più come prima”, Raffaello Cortina Editore

Il tradimento della promessa da parte dell’Altro distrugge il rapporto di fiducia che sostiene l’amore. A chi è stato tradito e non vuole venire meno alla promessa non restano che due opzioni egualmente degne: perdonare l’impossibile da perdonare o sperimentare l’impossibilità di perdonare. Restare nel legame grazie al perdono dell’imperdonabile, oppure constatare l’impossibilità di perdonare e vivere la fine del legame? Né il perdonare, né l’impossibilità del perdon0 possono però essere il frutto di un calcolo della coscienza. Questo vuol dire che nel suo significato più radicale sia il gesto del perdono sia quello dell’impossibilità di perdonare non dipendono mai dai comportamenti dell’altro, ma da un raccoglimento e da una decisione del soggetto. Il gesto del perdono esorbita da ogni calcolo sull’oggetto. Non può dipendere dalla preoccupazione di non disperdere al vento una storia fatta di memoria e di desideri, né può dipendere dall’atto del pentimento di chi ha tradito. Diciamolo chiaramente: non sarà mai quello che farà l’Altro a rendere possibile il nostro perdono. Allo stesso modo si potrà dire che l’impossibilità del perdono non dipende tanto da un giudizio negativo su colui che ha tradito, ma dal rapporto di chi è stato tradito con la sua possibilità (impossibile) di tornare ad amare. Quando il gesto del perdono diventa davvero possibile è perché vi è stato un passaggio interno alla vita più intima del soggetto che perdona. Allora ogni simmetria immaginaria con l’offesa subita si rompe.

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Amore e tradimento

Amore e tradimento sono apparentemente due opposti, termini fra loro inconciliabili. Eppure amore e tradimento fanno parte dello stesso destino. Amore e tradimento come facce opposte della stessa medaglia. Amore e tradimento quando quest’ultimo serve a svelare la vera natura del primo. Umberto Galimberti, Le cose dell’amore, Feltrinelli

Come dice Gabriella Turnaturi nel suo libro Tradimenti, quando lei o lui iniziano un viaggio fuori dal noi, e che prescinde dal noi, solo per le attese sociali, solo per i precetti religiosi tradiscono, mentre in realtà salvano la loro individualità dall’abbraccio mortale del noi che non emancipa, non consente né crescite né arricchimenti, e neppure parole da scambiare che non siano già dette o già sapute prima che siano pronunciate. Tutto questo per dire che l’amore non è possesso, perché il possesso non tende al bene dell’altro, né alla lealtà verso l’altro, ma solo al mantenimento della relazione che, lungi dal garantire la felicità, che è sempre nella ricerca e nella conoscenza di sé, la sacrifica in cambio della sicurezza. Siamo in due, non sappiamo più chi siamo, ma siamo insieme ad affrontare il mondo. Due esistenze negate, ma tutelate. Amore è cosa intricata, perché sempre ci si confonde e non ci si chiarisce se si ama l’altro o si ama la relazione. se si soddisfa il nostro bisogno di sicurezza o il nostro bisogno di felicità. Oppure si vuole la felicità, ma non i suoi costi; e in alternativa si vuole la sicurezza, ma non la sua noia. Amore è un gioco di forze dove si decide a quale dio offrire la propria vita: al dio della felicità che sempre accompagna la realizzazione di sé. o al dio della sicurezza che molto spesso si affianca alla negazione di sé. Una cosa è certa: che nella relazione. nel “noi” non ci si può seppellire come in una tomba. Ogni tanto bisogna uscire. se non altro per sapere chi siamo senza di lei o di lui. Solo gli altri. infatti, ci raccontano le parti sconosciute di noi. Gli altri, se li lasciamo parlare, senza soffocarli con il nostro bisogno di conferme che di solito, sbagliando, siamo soliti chiamare bisogno d’amore. Nel viaggio che si intraprende fuori dal “noi” e che prescinde dal “noi”, è il “noi” che si tradisce, raramente il “tu”. Quel che si imputa al traditore è di essere diventato diverso o di muoversi non più in sintonia, ma da solo. Soltanto se si accetta il cambiamento dell’altro e lo si accoglie come una sfida a ridefinirsi e a ridefinire la relazione, il tradimento non è più percepito come tale.

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