La limitazione all’autoanalisi consiste in una serie di fattori che si frappongono al lavoro analitico sia fiaccando le motivazioni iniziali al lavoro, sia come elementi che indeboliscono l’individuo nel corso dell’analisi stessa. Tuttavia la limitazione all’autoanalisi, presente in ogni tentativo fatto in tal senso, non va intesa in maniera assoluta ma semplicemente come un attrito più o meno forte che l’individuo può sperimentare accingendosi a tale fatica. Ancora una volta, come è nel suo stile, Karen Horney parla della limitazione all’autoanalisi con un profondo senso di umanità e comprensione. Karen Horney, “Autoanalisi”, Astrolabio
Qualsiasi fattore che diminuisca o paralizzi l’incentivo individuale ad affrontare se stesso, costituisce una possibile limitazione all’autoanalisi. Non vedo altra via che presentare questi fattori se non discutendoli separatamente, benché non si tratta di entità separate. Per cominciare, diremo che un sentimento di rassegnazione profondamente radicato costituisce una seria limitazione all’autoanalisi. Una persona può aver perso a tal punto la speranza di liberarsi dalle sue complicazioni psichiche, da non sentire più l’incentivo ad intervenire, sicché può al massimo fare convogliare qualche blando tentativo di superare le proprie difficoltà. Un disperato senso di impotenza è più o meno presente in ogni grave nevrosi. Se questo sentimento costituisca o non un serio ostacolo alla terapia, dipende dall’ammontare delle forze costruttive ancora viventi o ravvivabili nell’individuo; forze costruttive che sono spesso ancora presenti, anche quando sembrano essere state perdute. Talara, però, una persona è stata così completamente annientata fin dalla più tenera età, od è rimasta impigliata in così insolubili conflitti, da aver rinunciato da molto tempo ad ogni aspettativa e ad ogni volontà di lottare. Questa attitudine di rassegnazione può essere interamente conscia ed esprimersi con un sentimento diffuso di inutilità della propria vita, o con una filosofia più o meno elaborata circa l’inutilità della vita in genere. Spesso, un simile stato d’animo è rinforzato dall’orgoglio di essere tra i pochi privilegiati che hanno saputo accorgersi di questo “fatto”. In alcune persone, poi, non si è verificata tale elaborazione conscia; esse si mostrano semplicemente passive, sopportano stoicamente la vita e non sono più sensibili a prospettive di una vita maggiormente densa di significato. (…)
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