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Non amati : autostima e amore di sé

Non amati sono coloro che spesso dicono frasi come: “Non mi ama nessuno…”, “E andata male anche questa volta…”, “Era la persona sbagliata”? I non amati portano in se stessi il segno di una vecchia ferita mai rimarginata e ancora dolorosa, l’impronta di un bisogno d’amore rimasto inappagato. Molti di noi si sentono incompresi, soli, abbandonati, non amati o amati troppo poco. Sentimenti che nei non amati spesso hanno origini lontane: in un’esperienza amorosa non felice, magari vissuta nell’infanzia, che si è radicata profondamente influenzando tutte le successive relazioni affettive.
La ferita dei non amati, Peter Schellenbaum. Edizioni RED

Con l’espressione ‘non amato’ intendo la sensazione di non essere amato che c’è alla base dell’incapacità di vivere di una persona. È quanto avviene in tutti i più profondi disturbi psichici, particolarmente in quelli legati al narcisismo. Questa sensazione viene repressa proprio in quanto decisiva. Quando infine viene ammessa, rivela la sua dominanza. L’intensità con cui si manifesta varia a seconda della gravità dell’evento infantile che l’ha originata, della predisposizione della persona e dell’attuale situazione di vita. La sensazione di non essere amato non esclude altri sentimenti che, grazie alla propria positività, sono consapevoli e accettati. Tuttavia è proprio quello il sentimento che bisogna riconoscere. Dargli voce rappresenta l’inizio della guarigione. È quindi corretta la semplice definizione di ‘non amato’. La ferita dei non amati è la causa di una carenza di “fiducia di base” (Erik Erikson): se vogliamo guarire questa è a quella che dobbiamo rivolgerci. (…)
Da un punto di vista sociale, la ferita dei non amati è legata alle “vaghe negazioni” che l’individuo fa proprie per apatica sottomissione alle regole dettate da famiglia, nazione, cultura e religione, ossia al rifiuto di quegli aspetti dell’espressione umana che la società non accetta. Questa sottomissione forzata viene trasmessa ai figli, che prima soffrono, quindi tacciono e infine, come i genitori, fanno soffrire altri. Nel suo studio sul magnetismo, Peter Sloterdijk definisce l’uomo civilizzato come “palude di stagnante negatività”.

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