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La resilienza ovvero la forza contro le avversità

La resilienza è una capacità psicologica di affrontare gli ostacoli grandi o piccoli che la vita inevitabilmente ci pone. È una competenza cognitiva che si può sviluppare e potenziare a patto che ciascuno di noi abbia la volontà di farlo senza abbandonarsi a vittimismi deresponsabilizzanti o a soluzioni arrendevoli.

“A quanto pare, chi, di fronte a eventi stressanti, chiede un aiuto terapeutico o manifesta gravi forme di disagio rappresenta l’anomalia, non la regola. La regola, per gli esseri umani, è rappresentata dalla resilienza. Il termine «resilienza» proviene dalla metallurgia: indica, nella tecnologia metallurgica, la capacità di un metallo di resistere alle forze che vi vengono applicate. Per un metallo la resilienza rappresenta il contrario della fragilità. Così anche in campo psicologico: la persona resiliente è l’opposto di una facilmente vulnerabile. (…) Desidero però dare fin d’ora la mia definizione personale di resilienza: la resilienza psicologica è la capacità di persistere nel perseguire obiettivi sfidanti, fronteggiando in maniera efficace le difficoltà e gli altri eventi negativi che si incontreranno sul cammino. Il verbo «persistere» indica l’idea di una motivazione che rimane salda. Di fatto l’individuo resiliente presenta una serie di caratteristiche psicologiche inconfondibili: è un ottimista e tende a «leggere» gli eventi negativi come momentanei e circoscritti; ritiene di possedere un ampio margine di controllo sulla propria vita e sull’ambiente che lo circonda; è fortemente motivato a raggiungere gli obiettivi che si è prefissato; tende a vedere i cambiamenti come una sfida e come un’opportunità, piuttosto che come una minaccia; di fronte a sconfitte e frustrazioni è capace di non perdere comunque la speranza. (…) La buona notizia iniziale («siamo progettati per affrontare problemi e difficoltà») non è sola. Ce n’è un’altra: la resilienza può essere potenziata, possiamo imparare a migliorarla. Anche se venendo al mondo siamo già in possesso di una dotazione di base in termini di resilienza, possiamo accrescerla. Diventare psicologicamente più resistenti è possibile. Si può imparare a gestire lo stress. Generalmente non c’è molta consapevolezza di queste possibilità. In parte lo si deve a ragioni esterne a noi stessi. Per esempio è senz’altro più redditizio per la fiorente industria degli antidepressivi puntare sugli effetti delle molecole che ci «aiutano» ad affrontare la vita, piuttosto che favorire lo sviluppo della resilienza nelle persone. Ma non è soltanto, come al solito, colpa dell’«esterno», della società o delle «cattive lobby industriali». Fa comodo anche a noi condividere una visione di noi stessi deboli e inermi sotto i colpi della vita; perché questo ci permette di non impegnarci a fondo, di non prenderci fino in fondo tutte le responsabilità. E, alla fine, ci consente pure di lamentarci.”

COMMENTO – Nel nostro piccolo siamo tutti un po’ resilienti e lo possiamo verificare notando come nella nostra vita, chi più chi meno, siamo stati capaci di apprendere dalle le avversità incontrate durante il percorso e di superarle senza soccombere ad esse. Spesso lo abbiamo fatto senza sapere di starlo facendo. Quindi, tale capacità ci è sconosciuta e, ignorando di utilizzarla, non possiamo farla diventare uno strumento per la nostra esistenza. Molto più spesso, tuttavia, davanti alle difficoltà tendiamo ad autocommiserarci e questo è il frutto di alcune caratteristiche che hanno gli individui nella nostra cultura: siamo egocentrici, auto-indulgenti, tendenti all’auto-commiserazione e, soprattutto, avvezzi ad un consumismo che ci ha tolto l’abitudine allo sforzo e alla fatica. Allora proviamo a riflettere e a chiederci come ci comportiamo davanti ad una difficoltò, e ad osservare quali strategie usiamo. È chiaro che ogni difficoltà e ogni problema generano uno stress ma il punto è porre l’attenzione su quanto forte sia tale stress. Il senso comune tende ad attribuire ad ogni evento stressante un valore stabile per ogni individuo, trascurando in realtà un elemento molto importante: la sensibilità individuale ossia il modo in cui facciamo entrare l’evento problematico nella nostra mente. Proprio quest’ultima frase mette in crisi un’altra credenza comune riguardante lo stress e le reazioni ad esso: in genere si crede che sia la difficoltà ad “impattare” sulla nostra mente e non il contrario ossia che è la nostra mente a fare proprio l’evento stressante. Questa prospettiva apre ad un’altra visione di come dovrebbero essere affrontate le difficoltà. Come ricorda Trabucchi: “anche se è comodo credere il contrario, la sensibilità allo stress è in gran parte prodotta da noi stessi: essa dipende da come interpretiamo gli eventi. E da quanto ci pensiamo «forti»: cioè in grado di fare fronte a quel determinato problema. Per farla breve, la sensibilità allo stress dipende strettamente da quella che gli psicologi chiamano «valutazione cognitiva».”

Valutare cognitivamente qualcosa cambia completamente il suo valore in base a chi compie la valutazione. I fatti del mondo esistono oggettivamente ma quello che conta è il modo in cui li “viviamo” e li “costruiamo” e il modo in cui interpretiamo i fatti ha conseguenze concrete sul modo in cui reagiremo ad essi. Così, sottolinea Trabucchi, per comprende appieno il peso di questa valutazione cognitiva nel generare la resilienza, dobbiamo mettere da parte il vecchio modello intuitivo di stress per cui un dato evento produce lo stesso stress in ogni individuo e che vede le persone come bersagli passivi. “Se gli stressor fossero qualcosa di oggettivo, un certo evento negativo «X» produrrebbe un quantitativo «Y» di stress uguale in tutti gli individui. Sappiamo bene che le cose non stanno così. Ci sono persone che vengono distrutte da piccoli contrattempi mentre altri individui sopravvivono egregiamente a catastrofi planetarie.” Abbracciare questo modo di rapportarci alle difficoltà è sicuramente scomodo perché rimette alla nostra responsabilità la reazione che manifestiamo ai problemi della vita dal momento che non sono gli eventi in sé a generare lo stress ma il modo in cui «leggiamo» le criticità. Ragionare in questo modo non vuol dire negare o minimizzare le difficoltà ma sottolinea che il modo di affrontarle dipende da noi e non dai problemi. Da questa valutazione cognitiva nascono poi gli atteggiamenti, i comportamenti e le strategie che adotteremo per affrontare le difficoltà. Come ricorda Trabucchi: “lo stesso evento, a seconda del modo in cui «decidiamo» di vederlo, porterà a stati d’animo, reazioni fisiche e comportamenti del tutto diversi. In fondo, si tratta pur sempre del vecchissimo e arcinoto principio del bicchiere: posso scegliere di vederlo come mezzo pieno o mezzo vuoto a seconda delle mie inclinazioni personali e del mio stato d’animo. In ogni caso, qualsiasi cosa scelga, mezzo vuoto o mezzo pieno, alla fine si tratta dello stesso bicchiere. Ma il pessimista tende a concentrarsi sul vuoto e sulle emozioni relative”

Pietro Trabucchi, “Resisto dunque sono”, Corbaccio

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Resilienza come arma contro lo stress

La resilienza è la capacità di saperci opporre alle avversità, piccole o grandi della vita, trovando la forza di risalire sulla nostra barca che si è rovesciata e di continuare a navigare verso i nostri obiettivi. Pietro Trabucchi, “Resisto dunque sono”, Corbaccio

C’è una buona notizia: ora sappiamo con certezza che gli esseri umani sono stati progettati per affrontare con successo difficoltà e stress. E in questo campo sono molto più forti di quanto comunemente si creda. Generazione dopo generazione, l’evoluzione ha modellato i nostri progenitori perché fronteggiassero efficacemente ogni sorta di ostacolo o di problema. Discendiamo da gente che è sopravvissuta a un’infinità di predatori, guerre, carestie, migrazioni, malattie e catastrofi naturali e che ci ha trasmesso i propri geni. Oggi, tra le tante promesse da rotocalco, c’è posto anche per chi parla di «eliminare lo stress». Non solo ciò è impossibile, ma sarebbe anche inutile: noi siamo costruiti per convivere quotidianamente con lo stress. A questo scopo possediamo dentro di noi, come un dono, un insieme di risorse che abbiamo ereditato dal passato. Questo insieme di risorse si chiama «resilienza» o resistenza psicologica. La maggior parte delle persone, fortunatamente, tende a essere resiliente: può adattarsi e apprendere a superare indenne le avversità più severe. (…) C’è chi si spinge addirittura oltre. Qualcuno sostiene che condizioni difficili possano aiutare la gente a ritrovare equilibrio psicologico e motivazioni. In effetti, esistono testimonianze eloquenti a proposito. Durante la seconda guerra mondiale Londra venne bombardata duramente. Si temevano gravi ripercussioni sull’equilibrio psichico degli abitanti. Avvenne il contrario. Diminuirono i ricoveri nei centri d’igiene mentale e i suicidi. La stessa cosa avvenne nelle fasi più acute del conflitto per l’autonomia dell’Irlanda del Nord o durante i tumulti razziali avvenuti negli Stati Uniti tra gli anni ’60 e ’70. A quanto pare, chi, di fronte a eventi stressanti, chiede un aiuto terapeutico o manifesta gravi forme di disagio rappresenta l’anomalia, non la regola. La regola, per gli esseri umani, è rappresentata dalla resilienza. Il termine «resilienza» proviene dalla metallurgia: indica, nella tecnologia metallurgica, la capacità di un metallo di resistere alle forze che vi vengono applicate.

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Stress nelle relazioni famigliari

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Che cosa è lo stress nelle relazioni famigliari ?
Sebbene in genere si pensi che lo stress influenzi solo i singoli individui, è possibile che lo stress nelle relazioni famigliri influenzi molto il funzionamento delle medesime. Come si può dire che l’intera famiglia è sotto stress? Alcuni sintomi sono che i membri della famiglia diventano chiusi o irritabili e le relazioni interpersonali possono essere spiacevoli e caratterizzate da discussioni. Lo stress nelle relazioni famigliari è la tensione che nasce dalle richieste o dalle pressioni (gli stressor) sulla famiglia nei momenti di cambiamento. Queste richieste includono cambiamenti di abitazione (traslochi), variazioni di lavoro, l’inizio della scuola per i figli così come altre situazioni. Questi periodi sono caratterizzati da sentimenti di incertezza, di perdita e ansietà poiché i membri della famiglia apprendono a confrontarsi con i cambiamenti.
Un motivo per cui si manifesta lo stress nelle relazioni famigliari è perché le vite dei membri della famiglia sono intrecciate insieme e i problemi nella vita di una persona influenzano gli altri membri. Per esempio, una persona che lavora molte ore e ha molti lavori può trasferire in casa le proprie tensioni. Irrisolte, queste tensioni, possono estendersi agli altri membri della famiglia, creando probabilmente incomprensioni e discussioni. Allo stesso tempo molte coppie sono, mentalmente, ancorate a modalità tradizionali con cui gli uomini e le donne si prendono cura della casa e dei figli, che possono essere stressanti di per sé.
Inoltre lo stress che colpisce la famiglia si manifesta quando l’intera famiglia è influenzata da un passaggio di ciclo vitale (transizione) come il matrimonio, la nascita dei figli (esperienza della genitorialità), lo svincolo dei figli, la maturità. Per esempio, un nuovo figlio è un normale stressor per la famiglia che spesso consiste in notti insonni, minor tempo a disposizione per la coppia e un nuovo ruolo per i fratelli e sorelle più grandi. Ognuno nella famiglia è costretto a cambiare per adattarsi al nuovo bambino. Altri passaggi richiedono cambiamenti più drammatici. Un divorzio cambia le risorse finanziarie dell’intera famiglia, i ruoli genitoriali e le strutture emotive e comunicative.
Le persone sono spesso sorprese quando esse sperimentano lo stress che deriva da eventi previsti o positivi. Essi in genere non se lo aspettano e non pianificano, in vista del cambiamento, ciò che tutti i membri della famiglia dovrebbero fare. Tuttavia, come gli eventi negativi, quelli positivi creano stress perché richiedono alla famiglia di cambiare.
È possibile utilizzare anche per lo stress nelle relazioni famigliari la definizione di stress generale: l’ambiente e la famiglia entrano in un sistema di transazioni nel quale i membri della famiglia percepiscono una richiesta dell’ambiente superiore alle proprie capacità di risposta. Quando parliamo di ambiente e delle richieste che da esso partono, possiamo, nel caso della famiglia, riferirci tanto all’ambiente interno che a quello esterno.

Gli stressor familiari
Molti eventi nel corso della vita sono attesi come la nascita di un figlio o il pensionamento. Altri eventi sono inaspettati e improvvisi, come un divorzio o la morte di un figlio. Questi eventi, chiamati stressor, hanno le potenzialità di cambiare una famiglia.
Le seguenti comuni richieste possono causare la nascita de lo stress nelle relazioni famigliari in tutte le fasi del ciclo vitale: problemi emozionali, difficoltà sessuali, sforzi economici, cambiamenti di lavoro, perdite di persone fisiche, cose che proprio non dovrebbero accadere. Molti stressor e tensioni hanno un impatto notevolmente più grande sulle famiglie in certe fasi del ciclo vitale. A questo proposito, alcune ricerche hanno trovato che sforzi finanziari sono molto problematici per famiglie con figli piccoli e con adolescenti e per le persone che sta per andare in pensione.
Tensioni e liti fra i membri delle famiglie sono molto comuni quando i figli frequentano le scuole elementari e le superiori, forse a causa di nuove e aumentate richieste per le attività esterne dei figli, per cose che non devono accadere e per la difficoltà nella comunicazione con gli adolescenti. Queste liti spesso si verificano mentre i genitori, in maniera particolare il padre, stanno sviluppando la propria carriera e sono frequentemente fuori casa.
Questo può comportare una aggiunta di liti al lavoro delle madri che devono gestire molte responsabilità senza l’aiuto di un’altra figura adulta. Infatti i contrasti lavoro-famiglia sono molto comuni durante gli anni del periodo della scuola, quando gli adulti sperimentano le tensioni dei cambiamenti di lavoro e delle promozioni, mentre tentano di mantenere un buon contatto con le molte attività dei loro figli.

Una classificazione dello stress familiare
Al di là di una definizione generale de lo stress nelle relazioni famigliari è possibile suddividere le situazioni stressanti in due grossi gruppi in base ad un criterio di derivazione psicoterapeutica nell’ambito della teoria sistemico-relazionale:

Stress causato da Situazione difficile: In questo caso lo stress nelle relazioni famigliari sorge in concomitanza di eventi che si verificano nella vita della famiglia o dei singoli individui i cui effetti si riversano nelle relazioni famigliari

Stress causato da Cambiamenti di ciclo vitale: In questo caso lo stress sorge nei momenti di passaggio nel ciclo vitale della famiglia (nascita di un figlio, svincolo, pensionamento, separazione, divorzio, etc. …). La necessità di ristrutturare i rapporti fra i membri della famiglia comporta un cambiamento nella struttura famigliare.

In entrambi i casi abbiamo a che fare con cambiamenti relazionali tre le persone, ma il tipo di cambiamento nelle due circostanze è sicuramente diverso. Nel primo caso abbiamo una situazione problematica che può essere risolta anche da un cambiamento di tipo I. Nel secondo caso si ha a che fare con una situazione problematica che viene risolta solo con un cambiamento di tipo II (3).
Il cambiamento I si verifica dentro un dato sistema che però resta, nella sua struttura immutato; in questo caso si può parlare di adattamento della famiglia che, senza modificare la propria struttura ma adattando la propria organizzazione, affronta (con successo o meno) una situazione problematica. Il cambiamento II si verifica con un mutamento del sistema stesso che cambia la propria struttura diventando altro da prima; in questo caso la famiglia modifica la struttura interna dei rapporti fra i suoi membri cercando così la soluzione alla difficoltà
Occorre rilevare in questa prospettiva che quindi sia che si parli di adattamento (modificazioni nell’organizzazione), sia di cambiamento (modificazioni nella struttura) la risorsa famigliare migliore per affrontare entrambi i tipi di mutamento sia la flessibilità. Al contrario la rigidità individuale e di tutta la famiglia con cui ci si confronta con le situazioni stressanti costituisce l’ostacolo più grande all’adattamento e al cambiamento.
Laddove, specie per il cambiamento di ciclo vitale, tale flessibilità non fosse presente è possibile che la famiglia sperimenti un blocco del proprio ciclo vitale con l’impossibilità di portare a termine i compiti specifici che la nuova fase evoluti propone alla famiglia.  La clinica ad orientamento sistemico rinviene in queste situazioni il momento di insorgenza di situazioni sintomatiche, in cui proprio la presenza del sintomo è il segnale di una inpasse evolutiva
Tanto davanti a stressor che chiedono un adattamento, quanto dinanzi a stressor che necessitano di un cambiamento, è possibile individuare tre tipi di stress nelle relazioni famigliari:

  1. stress acuto situazionale: è una prevedibile crisi che può verificarsi per tutti in un determinato periodo della vita. Una malattia, un cambiamento di lavoro, la nascita di un figlio. Possiamo legare questo concetto a quello di evento straordinario all’interno del ciclo vitale;
  2. stress interpersonale: implica conflitto e disgregazione tra persone che dovrebbero invece collaborare tra loro;
  3. stress intrapersonale: è la guerra che la persona combatte con se stessa. Questa guerra non inizia all’interno dell’individuo ma è il prodotto di pressioni esterne che vengono interiorizzate.

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