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Demotivazione come autosabotaggio

La demotivazione è alla base di molte difficoltà a raggiungere gli obiettivi che ci siamo prefissati. Essa non è un fenomeno unico ma può apparire sotto due differenti forme… Pietro Trabucchi, “Perseverare è umano”, Corbaccio

La resilienza ha due anime. Quando diciamo che una persona è «demotivata», con questo termine indichiamo di volta in volta due fenomeni molto diversi tra loro, ognuno dei quali ci rivela un diverso aspetto della resilienza. Vediamo il primo caso di «demotivazione». È la situazione di qualcuno che non si impegna per ottenere un obiettivo, non perché non vi aspiri, ma perché ritiene di non poterlo raggiungere. La frase tipica che riassume la situazione è: «Tanto non ce la farò mai, quindi meglio lasciar perdere!» Per esempio potrebbe attirarmi molto l’idea di scalare una certa montagna; ma poiché (a torto o a ragione) penso di non averne le capacità, non mi impegno minimamente per realizzare il mio desiderio. In questo primo caso di «demotivazione» la persona rinuncia e non si impegna a causa di un basso senso di autoefficacia. Uso l’espressione «senso di autoefficacia» come equivalente a senso di competenza: sentirsi autoefficace significa sentirsi adeguato o capace di raggiungere un dato obiettivo. Un basso senso di autoefficacia verso un traguardo da raggiungere genera immobilità e rassegnazione. Il «senso di autoefficacia» è uno dei due principali componenti della resilienza. Quando manca la convinzione di potercela fare, di poter superare gli ostacoli, la motivazione risulta debole e crolla alle prime difficoltà. Tuttavia il nostro linguaggio utilizza il termine «demotivazione» anche per indicare una situazione completamente diversa.

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