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I giovani adulti e i genitori

I genitori di giovani adulti si trovano ad affrontare una fase particolarmente complessa del ciclo vitale familiare dal momento che su di loro vengono a convergere una serie di compiti evolutivi che mettono a dura prova gli equilibri raggiunti o, in alcuni casi, evidenziano problematiche relazionali finora in omrba.

“I genitori di giovani-adulti si trovano a dover assumere in questo momento molteplici ruoli: convergono infatti in questo periodo sia il passaggio all’età adulta dei figli, sia la propria transizione alla fase di mezza età. Non a caso la generazione dei genitori dei giovani adulti viene denominata sandwich generation, a indicare la pluralità di versanti sui quali essi sono impegnati in questa fase del ciclo di vita in risposta alle richieste che la generazione precedente e la seguente avanzano. I genitori di mezza età costituiscono la generazione cerniera, il fulcro delle relazioni intergenerazionali e nella nostra società rappresentano anche la generazione che detiene il maggior potere e responsabilità. Essi rivestono un ruolo centrale a livello familiare e sociale. In quest’ultimo ambito affrontano compiti evoluti sia sull’asse coniugale sia su quello filiale sia su quello genitoriale. (…) Compiti di sviluppo in quanto coniugi –  Tocca ai membri della generazione di mezzo impegnarsi in un rinnovato dialogo e in una riorganizzazione della vita di coppia all’insegna del sostegno reciproco. L’obiettivo di maggior rilievo sull’asse coniugale in questa fase è proprio il reinvestimento nella relazione di coppia, intesa come coppia coniugale e non solo come coppia genitoriale, anche in vista della fuoriuscita dei figli dalla casa parentale. La coppia inizia a essere in parte liberata dall’onere della cura quotidiana dei figli e a poter godere di maggiori spazi e tempi per sé proprio come coppia. (…) Compiti di sviluppo in quanto figli – In questo periodo della vita i membri della coppia di mezza età in quanto figli, devono affrontare la prova della malattia o anche della morte dei propri genitori. L’obiettivo della generazione di mezzo sull’asse filiale è rappresentato dall’accettazione dell’invecchiamento da parte dei propri genitori e dell’assunzione della loro cura in caso di malattia. (…) Compiti di sviluppo in quanto genitori – (…) Il compito evolutivo dei genitori dei giovani adulti è quello di “autorizzare” e spingere i figli verso l’assunzione della piena responsabilità adulta che comprende un impegno, oltre che sul piano dello studio e del lavoro, anche su quello degli affetti fino alle conseguenze generative.”

COMMENTO – Quanto sottolineano Eugenia Scabini e Vittorio Cigoli può a prima vista sembrare ovvio e scontato: i due studiosi rimarcano avvenimenti e passaggio della vita familiare che tutti conoscono e a cui hanno assistito. Eppure nelle attuali generazioni di genitori e figli sembra essere tutto estremamente difficile nell’affrontare questa fase del ciclo vitale. Complesse dinamiche sociali che si sono riverberate nell’organizzazione familiare, in generale, rendono difficile e a volte drammatica tale transizione. Proviamo a elencare alcuni motivi che sono alla base della difficoltà a vivere questa fase evolutiva della famiglia. Chiaramente non in tutti i casi tali motivi si presentano pienamente, anche se essi rappresentano comunque un ostacolo sottinteso per tutte le famiglie.

Esiste una doppia condotta da parte dei genitori ugualmente deleteria nel favorire l’indipendenza dei propri figli: da una parte un atteggiamento disimpegnato che si manifesta in una deresponsabilizzazione genitoriale nell’educazione e nel sostegno verso i figli a partire dalla loro adolescenza, dall’altra l’opposta tendenza a proteggerli oltremodo, rendendoli così inermi rispetto all’impatto con la realtà esterna alla famiglia. Entrambi questi atteggiamento creano problematicità nella fase del distacco per opposti motivi, producendo forti tensioni all’interno della famiglia che per abitudini pregresse farà fatica ad assumere condotte utili a favorire l’emancipazione dei figli. Infatti, in questa fase è opportuno che i genitori assumano verso di essi sia un atteggiamento più distaccato facendo un passo indietro rispetto alla vita dei figli, sia un atteggiamento di sostegno se qualcosa dovesse andare storto. Così, sia i genitori troppo disimpegnati sia quelli troppo protettivi faranno difficoltà a modulare il loro rapporto con i figli secondo le necessità.

In via più generale può giocare un ruolo sfavorevole a questa fase anche la più ampia inclinazione, attualmente molto diffusa, di mal sopportare il sacrificio, l’impegno, l’assunzione di responsabilità. Questa disabilità può impattare a vari livelli, sia sui genitori sia sui figli rispetto ai propri compiti evolutivi, facendo così saltare quei meccanismi di solidarietà e supporto fondamentali per superare ostacoli e difficoltà.

Più specificamente, svolge un ruolo negativo anche la scarsa capacità negli adulti attuali di saper costruire e mantenere rapporti di coppia stabili ed equilibrati, prevalendo modalità di soluzione ai conflitti e alle insoddisfazioni orientate alla rottura dei legami e alla loro scarsa cura. Così è facile che proprio venendo a mancare la “colla” della genitorialità molte relazioni coniugali finiscano per naufragare con le ovvie conseguenze emotive sui figli in una fase in cui si dovrebbero sentire meno coinvolti nelle vicende familiari.

Eugenia Scabini e Vittorio Cigoli, “Il famigliare”, Raffaello Cortina Editore

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solidarietà

Solidarietà in famiglia

La solidarietà tra figli e genitori è la base per creare un legame stabile e di fiducia su cui poggia in buona parte l’esito dell’equilibrio individuale proprio dei figli. Bruno Bettelheim  ci fa comprendere il concetto di solidarietà familiare, sottolineando il modo in cui i genitori possono dare il loro sostegno al proprio figlio di fronte a una difficoltà.

“Di fronte alle pene e ai dolori dei figli, molti genitori si comportano come se, per il fatto che il figlio è piccolo e immaturo, anche le sue afflizioni debbano essere piccole e immature. Se solo ci riflettessero un istante, e osservassero il bambino quando è infelice, si accorgerebbero che non è vero. Di solito, però, non è una forma di insensibilità che fa attribuire scarsa importanza ai dispiaceri dei bambini, o pensare che siano facilmente superabili. Il più delle volte, il genitore vorrebbe dal profondo dell’anima che a suo figlio fosse risparmiata ogni sofferenza: vorrebbe che fosse felice, che non dovesse subire in così tenera età le pene che la vita infligge a tutti, non quand’è ancora così piccolo. (…) Se noi dessimo davvero importanza a quello che prova nostro figlio, allora, quando è triste e addolorato per una perdita, non cercheremmo di distrarlo dal suo dolore. Se noi stessimo piangendo per la morte di una persona cara, ci parrebbe un segno di scarsa sensibilità se un amico volesse distrarci dal nostro dolore. Da un vero amico ci aspetteremmo che rispettasse la nostra tristezza, che piangesse con noi, e cercasse in questo modo di aiutarci. E rimarremmo allibiti se volesse farci ridere. Ebbene, così si sentono i nostri figli quando mettiamo in atto qualche tattica per fargli dimenticare il dolore che provano. Solo che loro non possono dirci quanto li offenda e quanto li ferisca il fatto che noi possiamo trattarli con tanta leggerezza, anziché piangere con loro. Tuttavia il loro risentimento è uguale a quello che proveremmo noi se un amico volesse fare lo spiritoso quando noi siamo profondamente addolorati.”

COMMENTO – La psicologia ha ampiamente mostrato quanto il rapporto che i genitori riescono a stabilire con i figli sia fondamentale per il loro benessere e l’equilibrio psicologico. Rispetto alla capacità di saper affrontare le avversità della vita esiste un fondamentale antidoto: la sicurezza interiore che un individuo può maturare. Questa sicurezza interiore non si costruisce da soli ma è fondamentale per il suo strutturarsi del rapporto con gli altri. I genitori ricoprono in questo un ruolo basilare soprattutto nell’infanzia e nell’adolescenza quando per i figli è fondamentale sentirsi importanti agli occhi delle persone significative della loro vita, perché questo tipo di certezza consente loro, in quelle fasi, di sentirsi sicuri di se stessi. È quella sicurezza che poi una volta acquisita consentirà ai figli in età adulta di sentirsi stabili e autonomi senza dover stabilire rapporti di dipendenza insana dagli altri alla ricerca di quelle sicurezze che non si sono raggiunte. Perché in una famiglia possa accadere tutto ciò è importante che i genitori  soprattutto quando i figli sono ancora piccoli o adolescenti, sappiano stabilire dei rapporti di solidarietà emotiva. Come ci ricorda lo psicoanalista Bruno Bettelheim: “una famiglia può essere definita felice se, quando le cose vanno male per uno dei suoi membri, tutti gli altri lo sostengono e fanno dei suoi problemi il problema di tutti. La famiglia felice non è quella in cui non succede mai nulla di brutto; è quella in cui, quando qualcosa di brutto succede, colui che ne è causa o  che ne soffre non viene colpevolizzato, ma è anzi sostenuto nella sua disgrazia.” Affinché un figlio possa avvertire la solidarietà dei propri genitori è importante che se egli si sente depresso o in ansia per qualcosa possa avere la certezza dell’aiuto dei propri genitori perché se questo non accadesse come potrebbe pensare che la sua famiglia sia un “porto sicuro”. Così se un genitore si accorgesse che il proprio figlio sta soffrendo per qualcosa che è andato storto, è proprio la capacità di avvertire la sua sofferenza che darà modo al genitore di stare dalla parte del figlio aiutandolo a non sentirsi sconfitto e dandogli il tempo di elaborare il proprio dolore senza la necessità di doverlo negare o minimizzare. Ancora Bruno Bettelheim ci porta un esempio significativo a proposito: “è vero che, quando il bambino torna da scuola tutto contento perché ha meritato un bel voto, il padre e la madre gli esprimeranno, come è giusto, il loro piacere. Ma se riceve approvazione e sostegno quando già è contento di sé, e disapprovazione quando è scontento, come potrà il bambino non avere l’impressione che i suoi genitori siano come gli amici negli anni dell’abbondanza, che ci lasciano soli nel momento del bisogno?” Quando un figlio confida ad un genitore il motivo della propria infelicità, questi spesso sono portati a convincerlo che quello che sta provando è una sciocchezza, che non deve dare troppa importanze all’accaduto. Proprio questo significa minimizzare o negare ciò che un figlio sta provando, come se dirgli di non prendersela tanto sia sufficiente ad alleviare ciò che sta provando. La solidarietà si costruisce proprio dando importanza a questi accadimenti ed è così che si stabiliscono dei legami di intimità importanti tra genitori e figli. È da questi atteggiamenti dei genitori che i figli deducono di essere importanti ai loro occhi. “E se non rispondiamo in modo appropriato ai loro sentimenti, non con belle parole soltanto, ma con le nostre azioni, possono decidere per il futuro di tenersi per sé quello che provano, impedendoci così di dargli qualunque aiuto.”

Bruno Bettelheim, Un genitore quasi perfetto. Feltrinelli

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l'adolescenza 3

L’adolescenza e le nuove indipendenze

L’adolescenza è il periodo in cui i giovani iniziano a sperimentare nuovi rapporti con gli altri. L’adolescenza richiede, quindi, ai ragazzi e alle ragazze di trovare nuove distanze e nuove intimità sia dai famigliari, sia con i loro pari. Così l’adolescenza diventa il terreno per nuove sperimentazioni di sé che spesso mettono in crisi i genitori. Asha Philips, “I no che aiutano a crescere”, Feltrinelli

L’adolescenza è il periodo in cui si fanno le prove di un’identità indipendente. La famiglia non è più il metro di paragone, i genitori non sono più le persone che i figli desiderano emulare e non occupano più il posto centrale che avevano prima; vengono sostituiti dalla scuola e dagli amici, che diventano il principale interesse del ragazzo. In questo tentativo di diventare indipendenti, per i teenager è importante prendere le distanze dal loro rapporto precedente con i genitori. É difficile modificare il proprio comportamento e il proprio modo di pensare con le stesse persone; bisogna prendere spunto altrove per esercitare le nuove abilità. Anche da adulti siamo riluttanti a impegnarci in un rapporto diverso con i nostri genitori. Spesso ci comportiamo con loro come abbiamo fatto per la maggior parte della vita, anche se con gli altri siamo completamente diversi. Così nel l’adolescenza c’è una ricerca di modelli al di fuori della famiglia, modelli con i quali i teenager possono misurarsi. Vanno in cerca di idee e di ideologie, di religioni, di sistemi, di mode e di modelli di ruolo. Alcuni di questi modelli saranno adulti appartenenti al mondo della politica, della cultura, dello spettacolo, della musica, altri saranno semplicemente persone dell’ambiente del ragazzo o della scuola. L’adolescente, forse per la prima volta nella sua vita, deve scegliere le persone con cui stare.

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L’educazione emozionale dei figli

L’ educazione emozionale dei bambini è una variabile fondamentale nel loro sviluppo per ciò che riguarda gli aspetti relazionali e soprattutto per ciò che attiene la futura capacità di gestire con competenza i propri vissuti. L’ educazione emozionale si attua con atteggiamenti di attenzione e rispetto alle emozioni dei figli, ma soprattutto l’ educazione emozionale parte dalla capacità dei genitori stessi di gestire e dialogare con le proprie emozioni. Daniel Goleman, “Intelligenza emotiva”,  BUR

La vita familiare è la prima scuola nella quale apprendiamo insegnamenti riguardanti la vita emotiva; è nell’intimità familiare che impariamo come dobbiamo sentirci riguardo a noi stessi e quali saranno le reazioni degli altri ai nostri sentimenti; che cosa pensare su tali sentimenti e quali alternative abbiamo per reagire; come leggere ed esprimere speranze e paure. L’educazione emozionale opera non solo attraverso le parole e le azioni dei genitori indirizzate direttamente al bambino, ma anche attraverso i modelli che essi gli offrono mostrandogli come gestiscono i propri sentimenti e la propria relazione coniugale. Alcuni genitori sono insegnanti di talento, altri un vero disastro. Centinaia di studi dimostrano che il modo in cui i genitori trattano ( educazione emozionale ) i bambini – con dura disciplina o con comprensione empatica, con indifferenza o con calore, e così via – ha conseguenze profonde e durevoli per la loro vita emotiva. Tuttavia, solo recentemente sono stati acquisiti dati seri che dimostrano come il fatto di avere genitori intelligenti dal punto di vista emotivo è di per se stesso una fonte di grandissimo beneficio per il bambino. Il modo in cui i membri di una coppia gestiscono i propri sentimenti reciproci – oltre al loro modo di trattare direttamente con il bambino – costituisce una fonte di insegnamenti profondi per i figli, che sono alunni svegli, pronti a cogliere i più sottili scambi emozionali in seno alla famiglia.

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Figlio tra appartenenza e differenziazione

 Il dono più grande che i padri  possono fare ai figli – il dono massimo che ogni genitore può offrire ai figli – è il dono della libertà. E per ogni figlio il movimento più complesso della propria crescita è quello che avviene tra due differenti bisogni, entrambi potenti: quello dell’appartenenza che poggia sul discendere e quello della differenziazione che poggia sull’esigenza del distacco.
Massimo Recalcati, Il segreto del figlio. Feltrinelli

La condizione del figlio coincide con quella dell’uomo: in una vita possiamo non diventare padri o madri, mariti o mogli, possiamo anche non avere sorelle o fratelli, ma nessun essere che abita il linguaggio, nessun essere umano, può non essere figlio. Questo significa che non esiste vita umana che sia a fondamento di se stessa, non esiste vita umana che sia ens causa sui, non esiste possibilità di auto-generazione. La vita viene alla vita sempre da un’altra vita, è da sempre, in questo senso stretto, in debito con l’Altro. Lo stato di inermità e di derelizione in cui il figlio viene al mondo mostra in modo chiaro questa condizione di debito e di dipendenza fondamentale all’origine della vita. Per vivere la vita umana ha bisogno della presenza dell’Altro, della sua risposta, del suo “soccorso” riteneva Freud, necessita di non essere lasciata sola nell’assoluto abbandono.
La condizione di figlio definisce l’umano come una forma di vita che non può essere concepita senza considerare la sua necessaria provenienza dall’Altro. Questo significa che – nonostante quello che il nostro tempo sembra credere – nessuno mai può essere genitore di se stesso, nessuno mai può farsi da sé, nessuna vita umana è l’artefice della sua condizione. Tutti veniamo, proveniamo, dall’Altro, siamo immersi in un processo di filiazione, in una catena generazionale: la vita umana viene sempre al mondo come vita del figlio. È una verità profonda che la psicoanalisi eredita dal cristianesimo.

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Adolescente : una difficile accettazione

L’ adolescente è in un periodo in cui si fanno le prove di un’identità indipendente. Per l’adolescente la famiglia, non è più il metro di paragone, i genitori non sono più le persone che i figli desiderano emulare. L’ adolescente ricerca modelli al di fuori della famiglia, modelli con i quali possa misurarsi. Per questo motivo spesso l’ adolescente con i suoi comportamenti può generare nei genitori una grande difficoltà di accettazione…
Asha Phillips, I no che aiutano a crescere. Feltrinelli

La presenza di un adolescente in casa può trasformare la vita  di tutta la famiglia. Se lo accettiamo a braccia aperte nel suo nuovo  ruolo possiamo ritrovarci la casa invasa da orde di ragazzi chiassosi  e vederci costrette a nutrire molte bocche affamate. Oppure è  sempre in giro e ci dà poche notizie di quello che fa. É inevitabile  che la questione dei limiti provochi attriti. Quali esigenze hanno  la precedenza? Se pensiamo che abbia bisogno di stare in gruppo  e vogliamo che sia libero di farlo, tenendolo però accanto a noi,  dovremo accettare alcuni inconvenienti. Ma che ne sarà degli altri  componenti della famiglia? Il più piccolo non rischia di sentirsi  terribilmente isolato vedendo il fratello così circondato da amici?  Il rumore ed il disordine non interferiranno con il lavoro o con  il tempo libero dei genitori? Chi dice “no” a chi? Se vostro figlio è  sempre fuori, come sopportate il fatto di sentirvi escluse?  Si tratta anche questa volta di trovare una soluzione equilibrata.  La vostra disponibilità ad accettare i cambiamenti della  sua vita sociale incoraggia l’adolescente a rimanervi vicino senza  sentirsi prigioniero o rifiutato. Dobbiamo essere pronte a scoprirlo  molto diverso da com’era prima e diverso da noi. Anche  questo fa parte della sua scoperta di sé, della sua ricerca del tipo  di persona che vuole essere.  Ricky a quindici anni venne inviato da una psicoterapeuta infantile perché  i suoi genitori pensavano che fosse “matto”. Ci riferirono che vestiva  in modo assurdo, era molto chiuso, non rispettava le regole della  famiglia, stava fuori fino a tardi, non era puntuale a scuola, era disordinato… Al primo incontro la psicoterapeuta si aspettava di vedere una specie di mostro. Le comparve davanti un tipico teenager, con vestiti  sgargianti, leggermente eccentrici. Dalle sue parole fu subito chiaro che era alle prese con l’immagine che i genitori avevano di lui. Pensava di essere come la maggior parte dei suoi amici. Vedendo insieme tutta la famiglia emerse un quadro piuttosto chiaro.(…)

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Figlio e genitore: un legame di solidarietà

Figlio e genitore, un legame su cui poggia in buona parte l’esito dell’equilibrio individuale su cui potrà fare conto la persona adulta. Brno Bettelheim, con il suo solito linguaggio semplice e diretto, ci spiega il concetto di solidarietà familiare e come questo sia fondamentale nella comprensione e nel sostegno che i genitori possono dare al proprio figlio di fronte a una difficoltà.
Bruno Bettelheim, Un genitore quasi perfetto. Feltrinelli

La solidarietà reciproca all’interno della famiglia continua a essere desiderata con la medesima intensità di prima, ma oggi è più difficile da realizzare appunto per la forza delle emozioni, e dei conflitti, che sorgono tra persone che vivono insieme e sono tese ciascuna a conseguire la propria autonomia. Rimane vivo tuttavia il bisogno di essere aiutati nello sforzo di divenire degli individui unici e autonomi, e si prova risentimento se tale aiuto non viene dato. Se nella famiglia non viene meno la solidarietà reciproca, allora i suoi membri sono felici di vivere insieme, non tanto perché non incontrino problemi e difficoltà nella convivenza, quanto perché, anziché dare la colpa agli altri o a se stessi dei loro fastidi, li affrontano insieme. Gli interventi psichiatrici e psicoterapeutici, oggi, sono rivolti soprattutto ad alleviare l’angoscia di quanti non hanno potuto sperimentare in famiglia questo genere di solidarietà. È questo dunque il paradosso che si è creato: benché solo la solidarietà familiare possa evitare i contraccolpi emotivi del processo di individuazione, l’individualità personale tende a definirsi in contrapposizione agli altri, soprattutto a chi ci è più vicino, con effetti disgreganti sulla buona armonia del gruppo.
Esiste un unico antidoto, un’unica cura per questo stato di cose: la sicurezza interiore. Nella misura in cui ci sentiamo importanti agli occhi delle persone significative della nostra vita, ci sentiamo sicuri di noi stessi, e le pressioni della gelosia diminuiscono nella stessa misura. Una famiglia può essere definita felice se, quando le cose vanno male per uno dei suoi membri, tutti gli altri lo sostengono e fanno dei suoi problemi il problema di tutti. La famiglia felice non è quella in cui non succede mai nulla di brutto; è quella in cui, quando qualcosa di brutto succede, colui che ne è causa o che ne soffre non viene colpevolizzato, ma è anzi sostenuto nella sua disgrazia. Infatti, se ci sentiamo depressi e nessuno ci aiuta, come possiamo pensare che la nostra famiglia sia un rifugio sicuro? Che cosa può fare, allora, la famiglia della classe media del nostro tempo per mantenere la sua coesione? (…)

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Genitori quasi perfetti

Essere genitori è forse uno dei compiti più complessi che spetta a chi ha fatto questa scelta. Bruno Bettelheim ci spiega con quale “spirito” i genitori possono affrontare l’educazione dei propri figli per rendere questa esperienza una fonte di crescita anche per se stessi.
Bruno Bettelheim, Un genitore quasi perfetto. feltrinelli

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Il modo in cui i bambini vengono allevati influisce dunque enormemente sul loro sviluppo e su come saranno da adulti. Si può quindi capire che i genitori chiedano consiglio agli specialisti, specialmente quando non riescono a decifrare il significato del comportamento del figlio, o si sentono ansiosi circa il suo futuro; quando non sanno bene se e come intervenire; o quando i tentativi da parte loro di correggerne la condotta rendono infelice il figlio e suscitano la sua resistenza.
Esistono tuttavia anche altre ragioni che spiegano come mai, negli ultimi decenni, tanti genitori finiscano per affidarsi ai consigli e alle raccomandazioni dei libri che insegnano come allevare i figli. Una di queste è il fascino che esercita il taglio da “istruzioni per l’uso” di molte di queste pubblicazioni, quasi che la vita fosse una partita da giocarsi seguendo le istruzioni. E all’idea che sia sufficiente attenersi punto per punto alle istruzioni per ottenere automaticamente certi risultati hanno contribuito sia il comportamentismo sia una certa banalizzazione delle teorie di Freud.
L’esperienza del “fai da te” insegna che, se ci viene dato uno schema valido e delle istruzioni corrette, riusciamo a costruire con piena soddisfazione oggetti anche piuttosto complicati, mentre senza le istruzioni per l’assemblaggio avremmo fatto dei pasticci o rovinato tutto.
Questo spiega l’attuale popolarità di libri e manuali su “come fare” nei campi più svariati, persino su argomenti che riguardano i sentimenti più privati e i rapporti più intimi. I consigli che questo tipo di libri offre vengono accettati da molti senza esitazione, e tanto grande è il timore di sbagliare da parte dei genitori che non stupisce come il desiderio di comportarsi nel modo giusto con i propri figli abbia portato alla creazione di una vastissima letteratura su come allevare i bambini.

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