Indipendenza e libertà nell’amore sono tematiche che aprono a paradossi e contraddizioni. La libertà di chi amiamo è così fortemente auspicata quando desideriamo sentirci amati per libera scelta e non per costrizione. Ma al tempo stesso essa è temuta perché potenzialmente rappresenta un fattore di rischio per la stabilità e la continuità del rapporto. È possibile, invece, pensare all’amore in termini di indipendenza? Amore e indipendenza sono due termini in contraddizione tra loro o rappresentano l’uno il presupposto dell’altro?
“L’amante vorrebbe che la fedeltà assoluta dell’amato non fosse l’effetto di una prigionia; vorrebbe che questa fedeltà fosse il risultato di una scelta libera che sapesse rinnovare costantemente la promessa. Il sogno di ogni amante è custodito in questo desiderio paradossale: possedere l’Altro, ma solo in quanto libero. Ma come si può impossessarsi dell’Altro senza porre fine alla sua libertà? Come può esistere qualcosa come una “libertà prigioniera”? Il punto è che proprio perché non può esistere qualcosa come una libertà prigioniera ogni amore è esposto al rischio della fine. (…)L’amante non domanda semplicemente il corpo sessuale dell’amata; l’amore non è infatti riducibile al desiderio feticistico del “pezzo” di corpo dell’Altro. L’erotismo dell’amore attraversa il corpo, ma non si esaurisce mai tutto nel corpo. Piuttosto inonda il mondo. L’amore apre sempre un nuovo mondo e questa apertura, in cui consiste la verità dell’amore, rifonda l’esistenza, la fa nascere, per così dire, un’altra volta. In questo senso la domanda d’amore implica sempre, e insieme trascende sempre, il godimento del corpo. Essa domanda il segno del desiderio dell’Altro-, l’amante non desidera “qualcosa” dell’Altro (…) ma desidera essere desiderato dall’Altro, desidera essere il desiderio desiderato dall’Altro, desidera il segno di essere la causa della mancanza dell’Altro. (…) Vuole che l’amata sia liberamente sua. Non vuole che l’amata sia una sua prigioniera – l’amore non è effetto di una costrizione -, non può sopportare di ridurre il soggetto amato a uno strumento del suo godimento. Il disegno dell’amante è più intricato e, come abbiamo visto, paradossale: vuole raggiungere il cuore dell’Altro, la sua libertà, vuole che questa libertà – la libertà dell’amato – sia totalmente sua. Vuole l’amata, allo stesso tempo, libera e prigioniera.”
COMMENTO – Tema scottante quello della libertà nell’amore perché apparentemente basato su un paradosso: quello tra possesso della persona amata e la libertà della medesima. U tema questo che diventa ancora più difficile alla luce dei numerosi episodi di violenza degli uomini verso le donne, consumati sempre all’interno di presunte relazioni d’amore. Il discorso di Recalcati trascende però tali questioni di attualità per delineare una riflessione più generale sulla struttura dell’amore valida per uomini e donne. L’amore nella sua forma più basilare viene vissuto come possesso della persona amata. Tuttavia, al tempo stesso, si desidera che la persona amata ci ami per sua libera scelta. Che amore sarebbe se questo fosse il frutto di una imposizione. Eppure noi vogliamo che il/la nostra/o partner ci ami. È qui che, come sottolinea Recalcati, si pone il paradosso: vogliamo (almeno negli intenti) che la persona amata sia libera ma desideriamo che questa libertà sia nostra, ossia che la scelta d’amare sia fatta su di noi. Il paradosso di ogni amore, la sua contraddizione intrinseca è in questa “libertà prigioniera” che si concretizza nel pensare ad una libertà di scegliere sempre e comunque noi. Ed è in questo aspetto che si cela il presupposto della violenza che può, in casi particolari, esplodere in azioni violente finanche l’uccisione della “persona amata” come estremo atto di possesso. Sicuramente a questa forma “primitiva” dell’amore se ne contrappone una matura in cui l’amore non è qualcosa che si attende dalla persona che amiamo ma un dono che facciamo all’altro. Un amore, come notava Erich Fromm, che si fonda sul dono verso l’altro con il desiderio non del possesso ma del bene dell’altro. L’amore diventa allora una scelta che richiede sacrificio e che si fonda sull’evoluzione del proprio Io. In particolare lo sviluppo di una sana indipendenza, capace di portarci fuori da meccanismi infantili di dipendenza dall’altro, fa sì che l’amore non si fondi sul bisogno del/della partner. Indipendenza allora come prerequisito, secondo Fromm, per sviluppare una vera arte d’amara in cui l’altro/a non rappresentano la “stampella” per la nostra individualità ma un’occasione di incontro e di crescita.
Massimo Recalcati, Niente è più come prima, Raffaello Cortina Editore
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