La fine di una relazione produce nei partner una ferita profondissima che non solo riattiva antiche simili esperienze, ma fa precipitare l’individuo in un mondo privo di senso. La fine di un amore, per abbandono o tradimento, segna la fine di un mondo senza che ci sia dato di intravederne uno nuovo… Massimo Recalcati, “Non è più come prima”, Raffaello Cortina Editore
Anche i grandi amori, dunque, gli amori di una vita, possono finire. Solitamente la crisi di un rapporto inizia con la comunicazione di uno dei Due o dalla constatazione di entrambi che “non è più come prima”, che qualcosa si è corrotto nel tempo, che è avvenuto un deterioramento del desiderio. Il nostro tempo, il tempo del culto libertino del Nuovo, vuole rendere questa situazione una legge ferrea, senza possibilità di eccezione. Si inizia una storia già convinti che si arriverà fatalmente, prima o poi, a constatarne l’agonia. L’amore finisce per esaurimento della sua spinta propulsiva o per l’apparizione di un altro oggetto, o per entrambe le ragioni. Fa una certa impressione notare che sempre più raramente chi vive una esperienza di separazione affettiva importante riesca a intervallare la perdita dell’oggetto con una pausa di solitudine, anziché precipitarsi alla sua sostituzione con un nuovo oggetto. E anche questo un effetto del ritmo maniacale che regola la nostra vita collettiva e quella più intimamente affettiva. Ma cosa succede quando la perdita e la separazione investono gli amori di una vita? Proprio quegli amori che hanno la forza di sospendere il tempo, di ripetere ancora, ancora come oggi, ancora lo Stesso? Cosa accade quando la frase “non è più come prima” viene pronunciata dalla persona che fino a quel momento era la presenza che dava senso alla nostra presenza nel mondo? (…)
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