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RABBIA, CINQUE COSE CHE DOVRESTI SAPERE

La rabbia è uno stato d’animo negativo che esercita una grande influenza sul modo in cui trattiamo gli altri e affrontiamo le situazioni. A tal proposito esistono alcuni miti a proposito della sua gestione che andrebbero sfatati per avere con questa emozione negativa un rapporto migliore…

Albert Ellis, padre fondatore della terapia cognitivo-comportamentale, elenca cinque falsi miti a proposito della rabbia che di certo non aiutano a gestirla meglio e che, anzi, sono spesso fonte di errori e confusione. Vediamoli insieme in maniera critica.

“Esprimere attivamente la rabbia aiuta a ridurla” – Questa concezione deriva dall’idea che la rabbia sia una “sostanza” che si accumulerebbe nella nostra mente, creando una tensione tale che se non venisse sfogata (scaricata) esploderebbe in manifestazioni fisiche, malattie e disagi mentali. Chi sposa questa tesi è fautore della strategia espressiva di questa emozione che andrebbe prontamente manifestata per evitare accumuli e tensioni.  Queste persone consentono a se stesse ed esortano gli altri a sfogare i sentimenti di rabbia in modo tale da evitare l’accumulo nella nostra mente  di tensione repressa. Come suggerisce Albert Ellis: “questo falso mito contiene due errori importanti. Primo: che esprimere la rabbia riduce i rischi per la salute. Secondo: che liberarti dell’ostilità ti renderà meno rabbioso. Come abbiamo notato (…), molte prove dimostrano che la rabbia cronica è un reale fattore di rischio per le cardiopatie. Alcuni studi mostrano un legame fra la rabbia repressa e le malattie. Ma le persone che sfogano la rabbia stanno davvero meglio di quelle che non lo fanno? Assolutamente no! (…) E che dire del falso mito secondo cui chi esprime la rabbia apertamente e liberamente diventa meno soggetto alla rabbia? Davvero la catarsi fa ridurre la rabbia? Numerosi esperimenti psicologici hanno esaminato questo tema negli ultimi quarant’anni: tutti sono giunti alla conclusione che le espressioni di rabbia sia verbali sia fisiche portano più rabbia e violenza, e non meno. Sfogare la rabbia direttamente e indirettamente tende a rinforzarla e consolidarla.”

“Prendersi una pausa quando si prova rabbia”. Un altro atteggiamento nei confronti della rabbia, al contrario, muove dall’idea che provare e sfogare la rabbia sia nocivo per la nostra salute. In questo caso si cercherà di evitare assolutamente le situazioni in cui potrebbe capitare di arrabbiarsi, o di allontanarsi da esse qualora ci si trovasse dentro. Spesso questo tipo di atteggiamento evitante viene supportato da strategie quali ”prendersi cinque minuti” per cui se una persona sta lì lì per esplodere, si prende una pausa di riflessione staccando la spina per calmarsi. Secondo Albert Ellis anche questo atteggiamento alla fine può risultare problematico anche se sul momento potrebbe sembrare dare effetti positivi. Infatti: “alla lunga, evitare le situazioni che fanno arrabbiare è controproducente. I motivi sono due. Primo: non affronti dei problemi che sarebbe il caso di risolvere. (…) Secondo: evitare i tuoi sentimenti ti impedisce di scoprire come gestirli meglio. Pensaci. Se scappi da una situazione stressante, che cosa impari? Ben poco! La crescita personale può avvenire solo se affronti le difficoltà.” L’atteggiamento migliore è sicuramente quello di prendersi del tempo e di calmarsi per poi provare a gestire le cose in modo diverso (non a mettere tutto “sotto al tappeto”) e questa strategia consentirà di affrontare meglio in futuro situazioni simili. Questo modo di affrontare la rabbia è, inoltre, utile in tutti quei casi in cui per via della furia del momento si rischierebbe di esagerare nelle reazioni distruggendo tutto.

“La rabbia ti spinge a ottenere ciò che vuoi”. Molte persone ritengono che la rabbia rappresenti una forza capace di aiutarci a superare le avversità e ad ottenere ciò che vogliamo. Secondo questa credenza la rabbia spronerebbe a superare le difficoltà e le ingiustizie, funzionando un po’ da motivazione. Queste persone ritengono che non sarebbero ascoltate se non avessero scatti di ira, per cui gli altri darebbero loro attenzione perché “battono i pugni sul tavolo” o alzano la voce. Questo spesso accade perchè gli altri possono “piegarsi” alle nostre richieste assecondandole solo per via della nostra animosità. Come nota Albert Ellis: “la gente potrebbe realizzare i tuoi desideri quando scagli urla e minacce… ma solo a causa della pressione costante a cui è sottoposta. Con il tempo, molto probabilmente queste persone coveranno risentimento e amarezza, si allontaneranno.”

“Rivivere il passato riduce la rabbia” Un’altra falsa credenza sulla rabbia vuole che sia possibile riuscire a gestirla, ricordando e rivivendo mentalmente situazioni passate che l’hanno generata e che tutt’ora sono vive nella nostra psiche. Albert Ellis critica questo mito relativo alla rabbia ricorrendo ad un esempio. “Poniamo che tu sia un giocatore di tennis che desidera migliorare il proprio gioco. Per aiutarti, assumi un allenatore. Dopo varie lezioni e osservazioni, l’allenatore riesce a identificare, o diagnosticare, alcuni dei motivi che limitano il tuo gioco. Ti fa notare che tieni la racchetta a un’angolazione leggermente sbagliata. E poi la tua postura quando colpisci la palla è maldestra e scorretta. Quanto sarebbe propositivo l’allenatore, se passasse mesi e mesi a cercare di farti capire perché hai sviluppato il tuo stile di gioco maldestro? (…) Per migliorare, non ti serve scoprire dove o come hai sviluppato il tuo stile impreciso. Sarebbe molto più utile che tu e l’allenatore passaste del tempo a imparare ed esercitare una nuova impugnatura e postura.” Cosa vuol dire questo? Sicuramente alcune persone hanno avuto nel loro passato traumi e hanno vissuto situazioni che possono aver portato a strutturare un modo rabbioso di affrontare la vita. Tuttavia, non è concentrandosi su questi episodi passati che si può correggere un atteggiamento sbagliato che nel presente guida il nostro modo di stare al mondo. “Invece, imparare a ricontestualizzare quelle esperienze e sfidare alcune delle convinzioni che hai ancora adesso in merito e ti creano rabbia può aiutarti a ridurre la rabbia che provi oggi.”

“Sono gli eventi esterni a farti arrabbiare” Chi non ha mai pensato di essersi arrabbiato per colpa di qualcun altro o per via di una certa situazione? Forse questo mito relativo alla rabbia è il più diffuso, creando un atteggiamento di deresponsabilizzazione rispetto a questa emozione negativa. Così facendo è, però, come gettare la spugna rispetto alla rabbia che verrebbe così a trovarsi al di fuori del nostro controllo. Così facendo finiamo per sentirci vittime impotenti del mondo esterno, per cui le nostre emozioni si accenderebbero solo come reazione ai fatti esterni. In realtà se le cose stessero così e fossero realmente gli stimoli a gestire il nostro comportamento, reagiremmo tutti quanti allo stesso modo. Invece è facile constatare che persone diverse reagiscono in modo diverso al medesimo evento Come sottolinea Albert Ellis: “Che cosa produce queste reazioni emotive diverse? Il più delle volte, sono le tue convinzioni su quanto sta accadendo a determinare le tue risposte emotive. Nel caso della rabbia, quando sei frustrato le tue reazioni possono sembrarti quasi automatiche. Potresti avere l’impressione che la rabbia nasca da sola come reazione agli eventi esterni. Ma invece ci sono delle convinzioni, che puoi riconoscere abbastanza facilmente, che ti inducono a creare rabbia e a continuare a provarla.

Albert Ellis e Raymond Tafrate, “Che rabbia!”, Erickson

Leggi altro pensiero di Albert Ellis: Un metodo per sfidare le idee irrazionali

Leggi articolo su: Quattro modi di gestire la rabbia

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Trappole che creano ansia

Albert Ellis, padre della terapia cognitivo-comportamentale, individua alcune trappole mentali che se implementate nei nostri pensieri generano situazioni di ansia e di angoscia. Sono le cosiddette “doverizzazioni” ossia aspetti rigidi delle nostre credenze in grado di condizionare la nostra vita, alimentando più del dovuto le nostre ansie.

“Ogni volta che hai in mente un obiettivo specifico che chiaramente desideri raggiungere e ti trattieni completamente dal caricarlo di doverizzazioni e pretese, sentirai le emozioni appropriate della tristezza, del rimpianto, della frustrazione e del dispiacere ogni volta che non otterrai il tuo obiettivo, ma non sarai mai seriamente sconvolto. Perché una dichiarazione di semplice preferenza implica quasi sempre un “ma” o un “comunque” che scongiura i disturbi emotivi nel caso in cui non dovesse realizzarsi. Così, se dici a te stesso: «Vorrei tanto riuscire in questo progetto, ma non devo riuscirci per forza, e se non riesco posso comunque essere discretamente felice», potresti restare giustamente deluso senza che il fallimento ti causi gravi traumi. Invece, una doverizzazione assolutistica non include una preferenza o un «comunque». Esprime esattamente ciò che dice: che in qualsiasi condizione e in qualsiasi momento devi assolutamente fare bene e devi conquistare l’approvazione degli altri, il che ovviamente è del tutto irrealistico. Perché ci saranno delle volte in cui non riuscirai a fare bene come vorresti e in cui le altre persone ti criticheranno. E a quel punto come ti sentirai? Risposta: ansioso o depresso.”

COMMENTO – Secondo Albert Ellis esistono diverse convinzioni irrazionali a cui gli individui si rifanno in modo rigido e irremovibile nei loro processi mentali, tali da favorire l’insorgenza dell’ansia nelle situazioni quotidiane della vita. A questa tipologia di credenze viene dato il nome di “doverizzazioni” ed esse rappresentano le principali trappole per il nostro pensiero. Tale trappole possono essere divise in tre tipologie. La prima è costituita dalle doverizzazioni su se stessi riguardanti dei diktat che le persone iniziano ad imporsi, del tipo: «Devo avere successo ed emergere in ogni cosa che faccio», oppure «Devo essere amato da tutti», etc.  Chiaramente ogni volta che questi doveri non trovano conferma le persone finiscono per sentirsi  depresse, insignificanti e insicure. La seconda tipologia di trappole che creano ansia raggruppa le doverizzazioni sugli altri, ossia credenze riguardanti ciò che le altre persone dovrebbero fare; per esempio:«gli altri devono aiutarmi, devono amarmi, devono essere gentili con me, etc.». Come ricorda Ellis: “questa forma di doverizzazione genera astio, rabbia, furia, violenza, faide, guerre e genocidi, quando gli altri non si adeguano ai tuoi voleri e non ti trattano precisamente come tu hai imposto.” Infine, c’è la terza categoria di trappole che riguarda le doverizzazioni sulle condizioni di vita, secondo le quali alcune condizioni a noi esterne dovrebbero girare sempre a nostro favore per cui finiamo per prendercela con il tempo, le condizioni economiche, le politiche del governo che a nostro parere non sono mai a noi favorevoli. Questo tipo di atteggiamenti comportano in chi li manifesta una bassa tolleranza alle frustrazioni, facilità di stati d’animo depressivi, tendenza a rimandare le nostre iniziative.

Il fatto di affermare che le doverizzazioni sono inutili atteggiamenti mentali che generano trappole per l’ansia, non vuol dire che i doveri siano sempre da evitare. Infatti, esistono dei doveri fondamentali che condizionano il nostro agire e che sono del tutto logici. Ad esempio, se dobbiamo acquistare un abito dobbiamo pagarlo, oppure se dobbiamo frequentare un corso dobbiamo iscriverci. Stiamo parlando di doveri a cui non possiamo fare a meno di attenerci e che sono assolutamente ragionevoli. Per come è strutturata la nostra società, per poter ottenere qualcosa, dobbiamo prima fare qualcos’altro, per cui per raggiungere certi obiettivi dobbiamo necessariamente compiere certe azioni. “Doverizzare” gli esempi appena fatti vorrebbe dire, invece, che in ogni momento devo sempre poter acquistare un abito o iscrivermi ad un corso, sia nel caso che abbia i soldi per farlo o no. Come ben si capisce questo atteggiamento può generare ansia perché in un dato momento potrei non avere denaro a sufficienza per farlo, sperimentando frustrazione per non essere riuscito ad adempiere al mio “dovere”. Come ci ricorda Albert Ellis, se riusciamo a mettere da parte le trappole dei doveri: “se fallirai proverai un sentimento appropriato di dispiacere e frustrazione, ma non sarai ansioso al punto da compromettere le tue facoltà. Spesso però non ci si rende conto delle proprie doverizzazioni e pretese. Insomma, se vuoi eliminare i tuoi turbamenti emotivi, la prima cosa da fare è scoprire le tue doverizzazioni, metterle in discussione e abbandonarle, tornando piuttosto ad avere delle preferenze realistiche.”

Albert Ellis, Che Ansia!, Erickson

Leggi altri pensieri di Albert Ellis: Cinque falsi miti sulla rabbia

Leggi le strategie su: Come fermare l’ansia

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Un metodo per sfidare le idee irrazionali

Il metodo realistico per sconfiggere le convinzioni irrazionali che spesso sorreggono la nostra ansia consiste nell’esaminare quali sono gli aspetti della realtà sociale che le nostre convinzioni vorrebbero sfidare. Ci parla di questo metodo Albert Ellis, padre fondatore della terapia cognitivo-comportamentale. Questo metodo terapeutico consiste nel cercare di modificare le irragionevoli convinzioni che sorreggono gran parte dei nostri comportamenti disfunzionali. Un metodo che applicato ai disturbi d’ansia consente di ottenere ottimi risultati. Albert Ellis, “Che ansia”, Erickson

Prendiamo un caso molto comune. Poniamo che tu sia sinceramente innamorato di una persona, ma molti indizi ti fanno pensare che l’oggetto dei tuoi desideri non ricambi il tuo affetto. Sembra che tu le sia piuttosto indifferente, o forse non le piaci proprio. Ma continui a desiderare intensamente che questa persona ricambi il tuo sentimento d’amore e di conseguenza provi una certa ansia perché potrebbe non succedere. Come fare per alleviare quest’ansia? (…) La tua preferenza o desiderio, naturalmente, è che la tua amata ricambi il tuo affetto. Ma dato che sei molto ansioso, supporrai che questo desiderio sia passato al grado di doverizzazione insistente. Quindi cerchi dentro di te questa doverizzazione e la trovi con una certa facilità: «Non solo ho un’intensa preferenza affinché la mia amata mi ricambi, ma penso che debba assolutamente farlo. Però, dato che non sembra fare ciò che dovrebbe, e potrebbe anche non amarmi mai nel modo in cui io amo lei, sono molto ansioso. Non ho garanzie che otterrò ciò che credo di dover ottenere, quindi sono molto ansioso, anzi forse sono nel panico». Bene, quindi abbiamo trovato una doverizzazione molto probabile riguardo alla tua amata, ed evidentemente è questa che ti rende ansioso. È semplice, no? Se cerchi la tua doverizzazione, in genere la troverai facilmente. Ora, che cosa puoi fare con questa doverizzazione che dice: «La mia amata deve, deve assolutamente, amarmi come io amo lei»? Come fare per cambiarla? La risposta (…)  è metterla in discussione, contrastarla. Il tuo obiettivo è conquistare la tua amata.

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La rabbia: 5 falsi miti

La rabbia è un sentimento che offusca la nostra capacità di affrontare le situazioni, oltre che essere una reazione che danneggia la nostra salute. In questo articolo Albert Ellis affronta, per distruggerli, cinque falsi miti sulla gestione di questo sentimento. Albert Ellis e Raymond Tafrate, “Che rabbia!”, Erickson

Senza dubbio avrai già sentito diversi consigli «di buon senso» su come gestire la rabbia. Le riviste, i talk show televisivi e gli esperti alla radio offrono quotidianamente soluzioni che in teoria dovrebbero aiutarti a vivere una vita libera dalla rabbia e dal risentimento. Purtroppo, però, molte di queste idee in realtà non funzionano. Se oggi ti rivolgessi a cinque diversi professionisti che si occupano di salute mentale chiedendo qual è il modo migliore di gestire la rabbia, probabilmente otterresti cinque risposte differenti. Alcuni «esperti» ti diranno che la soluzione ai tuoi problemi è nel tuo passato. L’unico modo per risolvere efficacemente il problema della rabbia è tornare indietro e curare le vecchie ferite e ingiustizie che ti hanno reso un individuo insicuro e rabbioso. Altri, però, potrebbero dire che il passato non c’entra niente. Se cambierai il tuo lavoro attuale, le relazioni o le situazioni che ti turbano, allora sicuramente vivrai una vita più felice e sana e con meno rabbia. E potresti sentire anche altre opinioni sulla rabbia che si contraddicono tra loro. Alcuni professionisti consigliano di trattenersi ed evitare il più possibile i conflitti con persone problematiche, ad esempio allontanandoti dalle situazioni difficili e ritornando solo dopo aver sbollito la rabbia. Al contrario, c’è chi dice di sfogare sempre la rabbia: puoi farlo ad esempio esprimendoti apertamente con chi ti fa arrabbiare. Oppure puoi sfogare la rabbia indirettamente quando sei da solo, urlando, dando pugni ai cuscini o impegnandoti in un’attività fisica intensa. I luoghi comuni sulla rabbia sono moltissimi, ma perché? Perché finora non sono state effettuate sufficienti ricerche scientifiche per capire le cause e le soluzioni di questo problema. (…) Ecco cinque dei più diffusi falsi miti su come gestire l’ostilità e la rabbia. Per capire la vera natura della rabbia, prendi in esame questi falsi miti e contestali con giusto scetticismo.

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