La vulnerabilità è una dimensione propria della nostra natura umana. Ogni giorno la vita ci costringe a fare i conti con la nostra vulnerabilità. Spesso la respingiamo, eppure solo riconoscendola e accettandola possiamo entrare in profondo contatto con l’esperienza della nostra umanità e con quella degli altri.
“Non esiste empatia senza dialogo con la vulnerabilità.(…). Essa fa da riferimento a qualcosa che tutti noi conosciamo benissimo: la fatica e il lavorio incessante per creare e mantenere un equilibrio nell’esistenza. È questo che possiamo riconoscere nell’altro, che si riflette in noi e fa risplendere la nostra comune umanità. Se ci soffermiamo a osservare un altro affaticato nel suo percorso, in noi risuona qualcosa di profondamente incarnato, ovvero tutte quelle volte in cui quella fatica è stata la nostra. Ed è questo a farcelo sentire vicino, a spingerci a fare qualcosa come se quel qualcosa lo stessimo facendo per noi stessi. In questo la nostra empatia costituisce il fondamento stesso dell’azione etica, e la cosa straordinaria è che si tratta di un’etica che non necessita di giustificazione esterna né di un imperativo morale. (…) È il sentimento della vulnerabilità comune a rendere possibile questo processo. Accettarla, onorarla in sé accanto alla nostra volontà di potenza non toglie luce alla nostra umanità, ma la espande. Non esiste relazione autentica se non nell’accoglienza della sua ombra. Quell’ombra parla dell’ineludibile dimensione di smarrimento che fa parte del nostro essere uomini e donne.”
COMMENTO: La vulnerabilità è lì con noi, ci accompagna in ogni momento della nostra vita. È talmente evidente nell’esperienza di vita di ogni essere umano che solo un profondo meccanismo di negazione può cancellarla dalla nostra percezione. La vulnerabilità è la testimonianza della fragilità dell’esistenza, perché se ci pensiamo bene la nostra vita è sempre esposta al caso e alle circostanze che fanno sì che ogni nostro equilibrio non è mai definitivo. Se ci confrontassimo lucidamente con questa “evidente” verità sarebbe impossibile vivere se non armandoci di ottimismo, e coraggio.
Eppure proprio l’ombra della vulnerabilità è ciò che ci accomuna a tutti gli altri esseri umani. Così, all’opposto, solo il “distacco, l’alienazione dalla propria condizione di vulnerabilità può impedire tale processo identificativo”. Quando costruiamo di noi una percezione astrattamente superomistica, lontana dalla vera esperienza di noi stessi e quindi idealizzata, creiamo le premesse per un distacco dalla nostra umanità e, dunque, dagli altri. Se gli altri mostrano a noi le loro debolezza iniziamo ad allontanarli, a provare fastidio perché questa loro fragilità ci ricorda la nostra vulnerabilità. “L’alienazione dalla nostra ombra, nell’asettico percepirci come eternamente giovani, eternamente sani, eternamente belli, ricchi, perfetti, al riparo dalle contaminazioni del tempo e del caso e dalla caducità, ci estrania da ciò che di più autentico è in noi, alienandoci così anche dall’altro, dalle sue paure e dalle sue speranze.”
Gianfranco Damico, Il codice segreto delle relazioni. Feltrinelli
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