Robin Norwood ci dice che si può amare troppo, quando l’amore nasconde in realtà una dipendenza affettiva. Questo tipo di distorsione dell’amore è riscontrabile soprattutto tra le donne, anche se gli uomini possono essere affettivamente dipendenti, specie in quelle che hanno vissuto la propria infanzia in famiglie disturbate nelle quali hanno dovuto costantemente adattarsi agli altri…
“Droga è una parola che fa paura. Evoca immagini di persone dedite all’eroina che si conficcano aghi nelle braccia e che stanno avviandosi verso l’autodistruzione. È una parola che non ci piace e non vogliamo applicarla al nostro modo di rapportarci agli uomini: ma molte di noi sono state “drogate” da un uomo e, come tutti gli altri drogati, hanno bisogno di capire e ammettere la gravità del problema prima di poter cominciare a curarsi e a liberarsene. (…) Se mai vi è capitato di essere ossessionate da un uomo, forse vi è venuto il sospetto che alla radice della vostra ossessione non ci fosse l’amore ma la paura; noi che amiamo in modo ossessivo siamo piene di paura: paura di restare sole, paura di non essere degne di amore e di considerazione, paura di essere ignorate, o abbandonate, o annichilite. Offriamo il nostro amore con la speranza assurda che l’uomo della nostra ossessione ci proteggerà dalle nostre paure; invece le paure e le ossessioni si approfondiscono, finché offrire amore con la speranza di essere ricambiate diventa la costante di tutta la nostra vita. E poiché la nostra strategia non funziona, riproviamo, amiamo ancora di più. Amiamo troppo.”
COMMENTO: Robin Norwood nel suo oramai classico “Donne che amano troppo” ci parla di quegli amori che hanno smesso – se mai lo sono stati – di essere rapporti che fanno crescere e che sono diventati per le donne delle pericolose trappole fatti di sofferenza e sacrifici, fino a rappresentare un reale pericolo anche per la loro vita. Quali sono i segnali che ci dicono che un amore è diventato oramai “tossico”? Robin Norwood porta alcuni esempi estremamente pratici: quando ci si è convinte che essere innamorate voglia dire necessariamente soffrire; quando parlando con le proprie amiche o amici la conversazione verte solo su di “lui” (cosa pensa, cosa sente) e sui suoi problemi e i suoi malumori che finiamo per giustificare sempre insieme al suo brutto carattere e a tutte le sue mancanze e insensibilità nei nostri confronti; quando ci si auto investe del ruolo di terapeuta del proprio “lui”; quando pur soffrendo nella relazione ci si adatta a quel rapporto pensando di non essere abbastanza attraenti per desiderare altro o che sicuramente lui cambierà i suoi modi di fare perché ci ama. Dunque, “amare troppo” non vuol dire amare molti uomini (o donne) o innamorarsi troppo spesso, o amare il proprio partner in maniera troppo intenso e profondo; piuttosto significa aver sviluppato un attaccamento ossessivo a un uomo e avere la pretesa di pensare che questo sia amore.
Secondo Robin Norwood questi segnali sono la chiara spia che c’è qualcosa che non va il cui nome è dipendenza affettiva. Questo problema è soprattutto diffuso tra la popolazione femminile, in donne che cresciute in famiglie disturbate nelle quali hanno subito situazioni di stress e di sofferenza; si erano sentite poco amate pur desiderandolo molto e soprattutto in cui hanno appreso a !barattare” l’affetto con l’adattamento. Così nelle storie di queste donne – nota Robin Norwood – si osserva un bisogno di superiorità e, al tempo stesso, di sofferenza che riescono soddisfare assumendo un ruolo salvifico e di dedizione verso il partner. Ma perché un numero inferiore di uomini rispetto alle donne soffre di dipendenze affettive?
Sicuramente anche tra gli uomini ci sono individui che mostrano questa ossessione nei confronti della propria partner o che hanno vissuto lo stesso tipo di esperienze infantili. Tuttavia, grazie soprattutto a fattori culturali gli uomini, solitamente, riescono a proteggersi e ad “alleviare le proprie pene” ponendosi mete per lo più esterne: tendono a dedicarsi al lavoro o agli hobby; mentre le donne tendono di più a risolvere la propria “incompletezza” all’interno di relazioni.Robin Norwood nota che non è facile riconoscere la propria dipendenza affettiva, utilizzando il meccanismo della negazione rispetto a ciò che penoso da accettare rispetto a se stesse. Si tratta di un modo naturale, automatico e spontaneo per proteggersi. Purtroppo per risolvere un amore tossico fatto di dipendenza affettiva non ci sono scorciatoie per liberarsi dalla propria inclinazione ad “amare troppo”: bisogna abbandonare il partner anche se questa operazione sarà una dolorosa esperienza che costerà paure e angoscia. Quando certi schemi fanno parte di noi fin dall’infanzia e per il resto della vita li si è praticati automaticamente, non ci sono altre vie d’uscita. Robin Norwood ci ricorda che, in ogni caso, se non si decide per una soluzione così netta e si resta aggrappati al proprio amore tossico, sicuramente non ci aspetta una fatica minore: si dovranno affrontare rispetto al partner molte lotte per resistere all’infelicità, con la differenza che questi sforzi non saranno rivolti alla crescita ma solo alla sopravvivenza. Sta a voi la scelta. Forse, il momento di riconoscere tutto questo non è ancora giunto, l’importante è però sapere che verrà un giorno in cui ci si sentirà pronte a lasciarsi alle spalle una relazione tossica e quel giorno si sarà in grado di affrontare le proprie paure di stare da sole e di guardare fino in fondo le proprie esperienze passate e i sentimenti più profondi.
Robin Norwood, Donne che amano troppo. Feltrinelli
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