Procrastinare vuol dire rimandare a domani ciò che non vogliamo fare oggi, mettendo come scusa a noi stessi e agli altri che non abbiamo tempo o che siamo troppo impegnati. In realtà procreastinare è un atto di profonda irresponsabilità verso noi stessi, oltre che un malsano atteggiamento per le sue conseguenze pratiche nella nostra vita.
“Le frasi che rivelano il sistema che permette al procrastinatore di mantenere il suo comportamento, sono: “Spero che le cose si aggiustino”, “Vorrei che le cose andassero meglio”, “Può darsi che si metta bene”. Sono la delizia di chi rimanda: coi suoi “forse” “spero” e “magari”, ha un buon motivo per non concludere nulla, adesso. Tutto il suo sperare e tutto il suo auspicare non sono che perdita di tempo, insipienza di chi vive nel mondo delle favole. Per quanto aspiri ed auspichi, non porta a termine nulla. Le sue son frasi che gli offrono la possibilità di non rimboccarsi le maniche e non applicarsi alle cose che aveva pur considerate abbastanza importanti da annoverarle fra le sue attività. Tu puoi compiere tutto ciò che stabilisci di fare. Sei forte, hai delle capacità e non sei nemmeno un tantino fragile. Se rimandi al futuro, è perché cerchi di evadere dalla realtà, cadi in preda al dubbio e all’illusione. Cedi per debolezza nel presente, e speri che in futuro le cose si mettano bene.”
COMMENTO: L’abitudine a procrastinare, oltre che per quei gravi casi in cui si manifesta in maniera patologica e invalidante, rappresenta una modalità di agire che coinvolge un po’ tutti gli individui, rappresentando un aspetto estenuante dell’esistenza. Nelle situazioni più gravi, non c’è giorno in cui il procrastinatore compulsivo dica a se stesso: “Mi rendo conto che dovrei fare questa cosa adesso, ma la farò più avanti”. I più rassegnati sanno bene che la responsabilità del loro procrastinare è tutta loro; per molti altri, la maggioranza, la colpa di una simile condotta sta sempre in forze esterne: la stanchezza, un contrattempo o la mancanza di tempo, l’occasione non adatta. Eppure dobbiamo esserne certi che procrastinare è tutta responsabilità di chi attua questa strategia, così come lo sconforto che ne deriva. Infatti ci si potrebbe aspettare che l’atto di procrastinare generi un qualche benefici, invece nulla di tutto ciò, solo malessere, a volte rimpianti, altre volte rabbia verso se stessi. Rimandare è un atteggiamento sbagliato e pressoché universale dal momento che poche persone possono ammettere in tutta onestà di non rimandare mai niente. Come ricorda Wayne Dyer: “ Benché a lungo andare si riveli dannoso, non vi è nulla di malsano nel comportamento che caratterizza questa, come del resto ogni altra, fascia erronea.” Ciò fa sì che tale comportamento sia ancora più insidioso, proprio perché largamente accettato socialmente. Naturalmente ci sono diversi gradi nell’abitudine a procrastinare: chi lo fa abitualmente e per ogni attività e chi solo occasionalmente. C’è poi anche chi rimanda ad una certa data e poi porta a termine il compito prima della scadenza. Anche in questo atteggiamento ammonisce Wayne Dyer “ può nascondersi una forma di autoinganno piuttosto comune. Se ti concedi un minimo assoluto di tempo per portare a termine un lavoro, puoi giustificare la sciatteria del risultato o un rendimento al di sotto del livello dell’eccellenza, dicendoti: “È che non ho avuto abbastanza tempo”. Ma di tempo ne hai quanto ne vuoi!”
Infine due piccoli consigli che, insieme ad altri, ci dà Wayne Dyer per contrastare l’abitudine a procrastinare. “Elimina le parole “spero”, “vorrei” e “può darsi” dal tuo linguaggio. Sono altrettanti strumenti per rimandare. Se t’accorgi che s’infiltrano, sostituiscile con altre frasi. Cambia: “Spero che le cose si aggiustino”, in “Ora le sistemo io”; “Vorrei che le cose andassero meglio”, in “Ora faccio questo e questo, e mi sentirò risollevato”; “Può darsi che si metta bene” in “Lo sistemo io”. Il secondo: “Esamina attentamente il presente. Identifica esattamente che cos’è che stai evitando e affronta la paura di vivere a tutti gli effetti. Procrastinare equivale a sostituire alla pienezza del presente l’ansia intorno a una cosa che si vuole attuare in futuro. Se il futuro viene fatto diventare presente, l’ansia deve, per definizione, sparire.”
Wayne Dyer, Le vostre zone erronee. BUR
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