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La menzogna, cosa è e come funziona

La menzogna è realmente connaturata al genere umano? E se così fosse perché è così difficile saperla riconoscere. I mentitori sono tutti uguali fra loro? Luigi Anolli, “Fondamenti di psicologia della comunicazione”, Il Mulino

Un aspetto fondamentale della menzogna riguarda le ragioni che ci inducono a dire menzogne. Esse non sono azioni gratuite, né sono l’effetto di un attacco di follia. Sono il risultato di una valutazione della situazione contingente per ottimizzare le possibilità e per ottenere uno stato di cose desiderabile, in termini di rapporto fra costi e benefici. La comunicazione menzognera è realizzata da persone che si ritengono razionali, dotate, tuttavia, non di una «razionalità olimpica» (perfetta), bensì di una razionalità limitata, in grado di raggiungere non lo scopo e la soluzione ideale ma il cosiddetto ottimo locale. Vale a dire la soluzione che massimizza le opportunità e minimizza i rischi. Sotto questo aspetto nella mente dell’ingannatore la menzogna costituisce – in generale – un dispositivo comunicativo per ottenere un vantaggio in più rispetto alla comunicazione veritiera. È lecita questa strategia? Al riguardo, senza entrare in merito alla questione morale della menzogna, esistono diverse posizioni, due delle quali dominanti. La prima di esse sostiene che, a qualche titolo e per qualche ragione, il ricorso alla menzogna sia ammissibile in determinate circostanze. Per primo, Platone ha sostenuto nella Repubblica (III, 389b) che la menzogna è proibita per i cittadini che devono essere sempre sinceri, mentre essa è riservata ai politici. Si tratta di una «nobile menzogna» da essere impiegata come phàrmacon per il bene della città.

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Riprova sociale : manipolare la mente

La riprova sociale è un potente meccanismo utilizzato nelle tecniche di persuasione. Il principio della riprova sociale suona così: quanto maggiore è il numero di persone che trova giusta una qualunque idea, tanto più giusta è quell’idea. Un automatismo mentale che se sapientemente usato diventa un potente strumento di persuasione occulta.
Roberto Cialdini, Le armi della persuasione. Giunti

Non conosco nessuno che apprezzi le risate registrate di cui sono infarciti i programmi televisivi. Ho condotto una piccola inchiesta informale e le risposte erano uniformi: l’allegria artificiale della TV, con gli scrosci di risa di un pubblico inesistente, irritava tutti come un espediente stupido, fasullo, ovvio e monotono. Il mio era un piccolo campione, ma scommetterei che rispecchia l’atteggiamento della maggior parte del pubblico.
Perché allora questa pratica è tanto popolare fra i dirigenti televisivi? Sono persone che hanno fatto carriera proprio perché sanno dare al pubblico quello che vuole, eppure usano sistematicamente queste colonne sonore che gli spettatori trovano sgradevolissime. E lo fanno vincendo le resistenze di molti autori, registi e attori, che pretendono l’eliminazione delle risate finte dal programma registrato; richiesta che solo di rado, e non senza lotte, vedono accolta.
Che cosa c’è allora che attrae tanto i funzionari delle reti TV? Perché mai questi uomini d’affari accorti e sperimentati difendono a spada tratta una pratica che il pubblico trova sgradevole e gli autori offensiva? La risposta è semplice e insieme preoccupante: conoscono i risultati in proposito della ricerca scientifica. Vari esperimenti dimostrano che l’uso di risate preregistrate induce gli spettatori o ascoltatori a ridere più spesso e più a lungo; anche i giudizi complessivi sulle trasmissioni presentate risultano più positivi, nel senso che sono considerate più divertenti e spiritose. Non solo, alcuni dati indicano che l’effetto suggestivo è massimo quando le battute sono di pessima lega.

Alla luce di questi dati, il comportamento dei produttori televisivi diventa perfettamente logico. L’inserimento di risate fasulle nella colonna sonora stimola la risposta desiderata del pubblico a programmi che vogliono essere spiritosi e divertenti, soprattutto quando non riescono a esserlo. Non c’è davvero da meravigliarsi che le penose commediole di certe serie televisive siano continuamente sottolineate da risate omeriche. Quei produttori sanno molto bene quello che fanno.

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Fuga : i meccanismi dell’alienazione

La fuga è identificata da Erich Fromm come il meccanismo con cui l’uomo moderno cerca di ritrovare la propria sicurezza in un mondo – quello contemporaneo – che solo in apparenza ci offre libertà e indipendenza.
Erich Fromm, Fuga dalla libertà. Mondadori

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La psicanalisi, pur non soddisfacendo del tutto quello che per molti anni è stato l’ideale della psicologia accademica, cioè l’approssimazione ai metodi sperimentali delle scienze naturali, è tuttavia un metodo del tutto empirico, fondato su un’osservazione accuratissima dei pensieri, dei sogni e delle fantasie del paziente, esposti senza censura. Solo una psicologia che si serva del concetto di forze inconsce può penetrare le fuorvianti razionalizzazioni a cui ci troviamo di fronte nell’analizzare un individuo o una civiltà. Molti problemi apparentemente insolubili scompaiono subito allorché decidiamo di abbandonare l’idea che i moventi, dai quali le persone credono di essere mosse, sono necessariamente quelli che davvero le spingono ad agire, sentire e pensare come effettivamente fanno. (…)
Il termine normale o sano si può definire in due modi. In primo luogo, dal punto di vista di una società in pieno funzionamento. Si può designare normale o sana la persona capace di svolgere il ruolo sociale che è tenuta ad assumere in quella determinata società. Più concretamente, ciò significa che è in grado di lavorare nel modo richiesto in quella particolare società, e inoltre che è in grado di partecipare alla riproduzione della società, ossia che può allevare dei figli. In secondo luogo, dal punto di vista dell’individuo consideriamo sanità o normalità l’optimum dello sviluppo e della felicità del singolo. Se la struttura di una determinata società fosse tale da offrire la massima possibilità di felicità individuale, i due punti di vista coinciderebbero. Questo però non è il caso della maggior parte delle società che conosciamo, inclusa la nostra.

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Libertà dell’uomo moderno

Il concetto di libertà è spesso usato come modello di vita per l’uomo contemporaneo. Erich Fromm nella sua lucida analisi ci spiega perché, spesso, questo concetto è, nell’accezione di oggi, una mera illusione.
Erich Fromm, Fuga dalla libertà. Mondadori

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Il nostro intento è quello di dimostrare che la struttura della società moderna influisce sull’uomo contemporaneamente in due modi: egli diventa più indipendente, autosufficiente e critico, e al tempo stesso diventa più isolato, solo e impaurito. La possibilità di comprendere l’intero problema della libertà dipende proprio dalla capacità di vedere entrambi gli aspetti del processo, e di non perdere di vista un filone nel seguire l’altro. É un’impresa difficile, perché per abitudine pensiamo in termini non dialettici e siamo portati a dubitare che due tendenze contrastanti possano derivare simultaneamente da una sola causa. Inoltre, soprattutto a quelli il cui cuore batte per la causa della libertà, riesce difficile rendersi conto del lato negativo di questa, del peso che essa mette sulle spalle dell’uomo. Dato che nella lotta moderna per la libertà l’attenzione era assorbita dalla battaglia contro le vecchie forme di autorità e costrizione, era naturale pensare che eliminando il maggiore numero possibile di queste costrizioni tradizionali la libertà sarebbe aumentata proporzionalmente. Tuttavia, non ci rendiamo sufficientemente conto del fatto che l’uomo, pur essendosi sbarazzato dei vecchi nemici della libertà, si trova dinanzi nuovi nemici di diversa natura; nemici che non sono fondamentalmente costrizioni esterne, ma fattori interni, che bloccano la piena realizzazione della libertà della personalità.

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Leggi articolo: Amare un’arte che si puà apprendere