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Scopo della vita umana per Freud

Lo scopo della vita umana quale è secondo lo psicoanalista viennese? Ha senso parlare di uno scopo per la vita umana o si tratta piuttosto di una domanda mal posta? Forse piuttosto che parlare di uno scopo della vita umana avrebbe più senso chiedersi cosa chiedano gli uomini per la loro vita. Sigmund Freud, Il disagio della civiltà, in Opere Complete, Boringhieri

La domanda circa lo scopo della vita umana è stata posta innumerevoli volte; non ha ancora mai trovato una risposta soddisfacente, forse non la consente nemmeno. Alcuni di quelli che l’hanno posta hanno aggiunto che, se dovesse risultare che la vita non ha uno scopo, essa perderebbe ai loro occhi qualsiasi valore. Ma questa minaccia non cambia nulla. È verosimile, invece, che questa domanda possa essere legittimamente respinta. Sua premessa appare infatti quella presunzione umana di cui già conosciamo tante altre manifestazioni. Non si parla di uno scopo della vita degli animali, sempre che il loro destino non consista per caso nel porsi al servizio dell’uomo. Neanche questo tuttavia è sostenibile; di molti animali l’uomo non sa infatti che farsene, salvo descriverli, classificarli, studiarli; innumerevoli specie animali si sono sottratte persino a questa utilizzazione, essendo vissute ed essendosi estinte prima che l’uomo le vedesse. Ancora una volta, soltanto la religione sa rispondere alla domanda circa uno scopo della vita. Difficilmente potremo sbagliare nel giungere alla seguente conclusione: l’idea di uno scopo della vita sussiste e cade insieme con il sistema religioso. Ci chiederemo quindi, meno ambiziosamente, che cosa, attraverso il loro comportamento, gli uomini stessi ci facciano riconoscere come scopo della vita e intenzione della loro esistenza, che cosa pretendano da essa, che cosa desiderino ottenere in essa. Mancare la risposta è quasi impossibile: tendono alla felicità, vogliono diventare e rimanere felici.

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Estroversione e introversione

Estroversione e introversione sono due termini che si riferiscono a due orientamenti di interesse della psiche. Estroversione e introversione come diverso rapporto con la realtà e le proprie fantasie. Estroversione e introversione come spinte capaci di determinare diversi modi di stare al mondo.
Cesare Musatti, Trattato di Psicoanalisi vol 2. Bollati Boringhieri

estroversione e introversione

Abbiamo già veduto, a proposito della vita infantile che, nella prima infanzia, il bambino tende ad appagare i suoi bisogni in forma allucinatoria, cioè integrando e trasformando di fantasia i dati percettivi costituenti ciò che diciamo la situazione reale, conformemente ai suoi desideri. L’attività che il bambino svolge in tal modo, di fronte a quelli che egli sente come bisogni o come stimoli (ad esempio l’allucinazione delle sensazioni relative alla assunzione del cibo, con cui il lattante, sotto lo stimolo della fame, integra le impressioni tattili procuratesi succhiando un oggetto qualsiasi) è precisata da Freud come un’attività puramente regolata dal principio del piacere: giacché è svincolata da ogni esigenza che non sia quella dell’appagamento del bisogno. Ma un tale appagamento si rivela illusorio, e il bambino apprende presto a ricercare un’altra forma di appagamento, regolato questo dal principio della realtà: il bambino apprende cioè ad agire sulla realtà e a trasformarla per .attingere da essa l’appagamento delle sue tendenze e dei suoi desideri. Il principio della realtà esige tuttavia spesso un differimento di un tale appagamento, la sua subordinazione a determinate azioni e a determinati sforzi che possono essere penosi, e implica la rinuncia all’appagamento di date tendenze per poter ottenere quello di date altre, quando le prime siano in contrasto con le seconde. Il bambino apprende cosi quello che è il comporta mento dell’adulto rispetto ai suoi desideri ed alle sue tendenze, comportamento che è sempre di costante parziale rinuncia.

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