L’ immagine del mondo è quella verità costruita da ognuno di noi che guida e determina il nostro stare-al-mondo. L’ immagine del mondo che ogni individuo ha e che spesso ritiene essere oggettiva è un aspetto difficile da cambiare perché soggetto alle regole dell’auto-conferma. Paul Watzlawick, Il linguaggio del cambiamento, Feltrinelli.
La psicoterapia si occupa del cambiamento. In che cosa però essa debba cambiare, le varie scuole sono molto divise e queste divergenze di opinione hanno il loro fondamento semplicemente nella sostanziale diversità delle rispettive idee sull’essenza dell’uomo – dunque in una problematica di tipo filosofico, anzi addirittura metafisico, e non psicopatologico. È necessario trovare una risposta utile a questa domanda prima di poter esaminare quali conseguenze per la tecnica della terapia risultino da quanto è stato fin qui detto. In primo luogo vorrei proporre di rispondere alla questione in un modo quanto più possibile pragmatico: chi viene a cercare aiuto da noi soffre in una qualche maniera del suo rapporto con il mondo. Con questo vogliamo intendere – e questa concezione risale al primo buddhismo che, come è noto, era eminentemente pragmatico – che egli soffre per la sua immagine del mondo, per la contraddizione irrisolta fra il modo in cui le cose sono e come, secondo la sua immagine del mondo, dovrebbero essere. Davanti a lui si aprono allora due possibilità: un intervento attivo, che assimili più o meno il mondo all’immagine che egli ha di esso; oppure viceversa, quando ciò sia impossibile, l’adattamento della sua immagine del mondo ai dati immutabili. Il primo tipo di soluzione può essere oggetto di consulto, raramente però di una terapia in senso stretto; mentre invece il secondo è per l’appunto lo scopo e l’obiettivo della trasformazione terapeutica. (…)
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