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Wayne Dyer

Wayne Dyer: felicità e intelligenza

Wayne Dyer, psicologo statunitense, ci fa ragionare sul fatto che non sempre l’intelligenza, comunemente intesa, apra la strada alla felicità. Secondo Wayne Dyer sono, al contrario, le persone che riescono nella vita a praticare la propria felicità ad essere veramente intelligenti…

“Rispondere di te stesso comporta che tu metta da parte alcuni miti assai diffusi. Ne apre l’elenco la nozione che l’intelligenza si misuri dalla capacità di risolvere problemi complessi, leggere, scrivere e far di conto a certi livelli, risolvere rapidamente equazioni astratte. Questo concetto di intelligenza ravvisa nell’istruzione formale e nella bravura libresca le vere misure della realizzazione personale. Esso stimola una sorta di snobismo intellettuale, che ha dato risultati demoralizzanti. Siamo arrivati al punto di ritenere che chi si è più distinto negli studi, chi è un cannone in una qualche disciplina scolastica (matematica, scienze), chi usa un ricco vocabolario, chi ha memoria per fatti superflui, chi è un divoratore di libri, sia «intelligente». (…) Se sei felice, se vivi ogni momento per tutto ciò onde vale la pena di viverlo, sei una persona intelligente. La capacità di risolvere un problema è un’utile aggiunta alla tua felicità; ma se tu sai che, pur essendo incapace di risolverlo, puoi sempre sceglierti la felicità o, quanto meno, rifiutarti di scegliere l’infelicità, allora sei intelligente. Sei intelligente perché detieni l’arma più efficace contro i «nervi a pezzi», o «esaurimento nervoso». (…) Puoi cominciare a ritenerti veramente intelligente sulla base dello stato d’animo in cui decidi di affrontare le circostanze difficili. Nella vita, tutti abbiamo da combattere grosso modo le stesse battaglie. A meno di non vivere avulsi da un qualsiasi contesto sociale, tutti incontriamo difficoltà che si assomigliano. Disaccordi, conflitti, compromessi, fanno parte di ciò che si intende per appartenere al genere umano. E anche il denaro, la vecchiaia, la malattia, la morte, le catastrofi naturali, le disgrazie, sono tutti eventi che pongono dei problemi a praticamente tutti gli esseri umani. Malgrado tali eventi, però, alcuni riescono ad evitare l’abbattimento e l’infelicità paralizzanti; altri invece crollano, cadono nell’inerzia, o vittime di un «esaurimento». Quelli che riconoscono che i problemi fanno parte della condizione umana, e che non misurano la felicità dall’assenza di problemi, sono gli esseri più intelligenti che si conoscano, e sono anche i più rari. Puoi cominciare a ritenerti veramente intelligente sulla base dello stato d’animo in cui decidi di affrontare le circostanze difficili. Nella vita, tutti abbiamo da combattere grosso modo le stesse battaglie. A meno di non vivere avulsi da un qualsiasi contesto sociale, tutti incontriamo difficoltà che si assomigliano. Disaccordi, conflitti, compromessi, fanno parte di ciò che si intende per appartenere al genere umano. E anche il denaro, la vecchiaia, la malattia, la morte, le catastrofi naturali, le disgrazie, sono tutti eventi che pongono dei problemi a praticamente tutti gli esseri umani. Malgrado tali eventi, però, alcuni riescono ad evitare l’abbattimento e l’infelicità paralizzanti; altri invece crollano, cadono nell’inerzia, o vittime di un ‘‘esaurimento”. Quelli che riconoscono che i problemi fanno parte della condizione umana, e che non misurano la felicità dall’assenza di problemi, sono gli esseri più intelligenti che si conoscano, e sono anche i più rari.”

COMMENTO: Wayne Dyer nel suo più famoso libro “Le vostre zone erronee” poneva al lettore alcune domande per far sondare ad ognuno la propria capacità di scegliere la felicità al posto di una vita fatta di paure di sbagliare o dl giudizio altrui. Rispondere positivamente ad esse, secondo Wayne Dyer, starebbe ad indicare la padronanza di noi stessi che abbiamo. Tra queste domande troviamo: le tue motivazioni vengono, più che dall’esterno, da dentro di te?; sei tu a stabilire le tue regole di condotta?; ti sai accettare così come sei, e sai fare a meno di lamentarti?;sei uno che agisce, che fa, o uno che critica?;sei libero da costante senso di colpa?;sai dare e ricevere amore?;hai imparato dai tuoi errori?

Wayne Dyer nutriva la convinzione che l’autostima è la qualità fondamentale in grado di farci ottenere il meglio da noi stessi. Il modo migliore per svilupparla è quello di toglierci di dosso il timore del fallimento. Bisogna provare sempre a fare ciò che riteniamo sia importante per noi senza la paura di sbagliare dal momento che non esiste un modello o manuale per essere noi stessi. Pur fallendo avremo comunque ottenuto qualcosa: è dagli errori e solo da questi che possiamo apprendere qualcosa. Inoltre, secondo Wayne Dyer, l’autostima rimane spesso bassa perché ci preoccupiamo troppo di ciò che gli altri pensano, tanto da prendere decisioni anche importanti rincorrendo l’accettazione sociale o evitando il rifiuto e la disapprovazione. Così facendo per Wayne Dyer  non riuscirema mai ad essere noi stessi e non sperimenteremo mai la vera libertà che si ha solo quando le opinioni degli altri smettono di influenzare le nostre scelte..

Wayne Dyer, Le vostre zone erronee. Universale BUR, Rizzoli.

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Daniel Goleman

Daniel Goleman: emozioni e successo

Daniel Goleman – psicologo statunitense tra i principali studiosi dell’intelligenza emotiva – ci spiega che la capacità di saper “maneggiare” ed avere dimestichezza con le nostre emozioni è un requisito molto importante nella vita delle persone, non solo perché tale competenza è positivamente correlata con il successo ma anche perché ci consente di avere un’esistenza più equilibrata e soddisfacente.

“La vita emotiva è una sfera che, come sicuramente accade nel caso della matematica o della lettura, può essere gestita con maggiore o minore abilità, e richiede un insieme di competenze esclusive. La destrezza di una persona in tali ambiti è fondamentale per comprendere come mai alcuni soggetti abbiano successo mentre altri, intellettualmente non da meno, imbocchino vicoli ciechi: l’attitudine emozionale è una “meta- abilità”, in quanto determina quanto bene riusciamo a servirci delle nostre altre capacità – ivi incluse quelle puramente intellettuali. Naturalmente, ci sono molte strade per avere successo nella vita, e molte sfere nelle quali vengono premiate altre attitudini. Nella nostra società, sempre più imperniata sulla conoscenza, la capacità tecnica è certamente una di queste. C’è una barzelletta da bambini che dice: “Come si chiama uno «stupido secchione» quindici anni dopo?”. La risposta è: “Capo”. Ma anche fra “secchioni” l’intelligenza emotiva offre un ulteriore vantaggio sul posto di lavoro (…). Molti dati testimoniano che le persone competenti sul piano emozionale – quelle che sanno controllare i propri sentimenti, leggere quelli degli altri e trattarli efficacemente – si trovano avvantaggiate in tutti i campi della vita, sia nelle relazioni intime che nel cogliere le regole implicite che portano al successo. Gli individui con capacità emozionali ben sviluppate hanno anche maggiori probabilità di essere contenti ed efficaci nella vita, essendo in grado di adottare gli atteggiamenti mentali che alimentano la produttività; coloro che non riescono ad esercitare un certo controllo sulla propria vita emotiva combattono battaglie interiori che finiscono per sabotare la loro capacità di concentrarsi sul lavoro e di pensare lucidamente. (…)”

COMMENTO: Come ci spiega Daniel Goleman, l’intelligenza emotiva è una componente dell’intelligenza, e riguarda la capacità dell’individui di percepire, valutare, comprendere, utilizzare e gestire le emozioni. Chi ha una elevata intelligenza emotiva è in grado di riconoscere le proprie e le altrui emozioni, sa fare distinzioni tra di esse e può, quindi, utilizzare tali informazioni per guidare il proprio pensiero e il comportamento. Daniel Goleman osserva che le persone dotate di un’alta intelligenza,  intesa tradizionalmente, non sempre sono quelle che hanno successo nella vita professionale e nei rapporti con gli altri. Infatti è l’intelligenza emotiva la vera variabile fondamentale a innescare il successo e la felicità. Daniel Goleman osserva che quando ci troviamo a dover prendere decisioni e compiere azioni i sentimenti giocano un ruolo determinante almeno tanto quanto il pensiero razionale. Ignorando questo aspetto può allora capitare che a nostra insaputa le emozioni prendono il sopravvento e se ciò accade l’intelligenza tradizionale può non esserci di nessun aiuto.

Secondo Daniel Goleman l’intelligenza emotiva si compone di cinque aspetti. Il primo è rappresentato dalla la consapevolezza di sé, ossia dalla capacità di riconoscere le proprie emozioni e di comprendere come queste influenzano il nostro agire e pensare. Il secondo è il dominio di sé, ossia capacità di gestire e controllare le proprie emozioni, senza lasciare che siano esse a manovrarci. emozioni. Il terzo fattore consiste nella motivazione a scoprire i veri e profondi motivi che guidano il nostro agire. Questo ci aiuterebbe a meglio realizzare i nostri obiettivi reali, rafforzando l’impegno nonostante i possibili ostacoli. Il quarto aspetto è quello dell’empatia, ossia della capacità di sentire gli altri, favorendo il contatto con essi grazie proprio alla dimestichezza che abbiamo maturato nel conoscere le emozioni. Infine c’è la capacità di stare insieme agli altri, cercando di comprendere le dinamiche interpersonali alla base dei rapporti con le altre persone.

Daniel Goleman, Intelligenza emotiva. BUR Universale Rizzoli

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autoconsapevolezza

Autoconsapevolezza delle emozioni

L’ autoconsapevolezza delle proprie emozioni ci permette non solo una più profonda conoscenza di noi stessi ma apre la strada anche alla possibilità di avere un controllo su di esse. L’ autoconsapevolezza è un importante strumento di monitoraggio della nostra vita psicologica, in grado di farci sfruttare al meglio la nostra vita emotiva.
Daniel Golemn, Intelligenza emotiva. Rizzoli

In un’antica leggenda giapponese si narra di un samurai bellicoso che un giorno sfidò un maestro Zen chiedendogli di spiegare i concetti di paradiso e inferno. Il monaco, però, replicò con disprezzo: “Non sei che un rozzo villano; non posso perdere il mio tempo con gente come te!”. Sentendosi attaccato nel suo stesso onore, il samurai si infuriò e sguainata la spada gridò: “Potrei ucciderti per la tua impertinenza”.
“Ecco” replicò con calma il monaco “questo è l’inferno.” Riconoscendo che il maestro diceva la verità sulla collera che lo aveva invaso, il samurai, colpito, si calmò, ringuainò la spada e si inchinò, ringraziando il monaco per la lezione. “Ecco” disse allora il maestro Zen “questo è il paradiso.”
L’improvviso risveglio del samurai e il suo aprire gli occhi sul proprio stato di agitazione ci mostra quanto sia fondamentale la differenza fra l’essere schiavi di un’emozione e il divenire consapevoli del fatto che essa ci sta travolgendo. Il consiglio di Socrate, “conosci te stesso”, fa proprio riferimento a questa chiave di volta dell’intelligenza emotiva: la consapevolezza dei propri sentimenti nel momento stesso in cui essi si presentano.

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Empatia : il nostro radar sociale

Cosa è l’ empatia e come funziona? Ce lo spiega Daniel Goleman, lo psicologo americano che per primo ha sottolineato l’importanza dell’intelligenza emotiva.
Daniel Goleman, Lavorare con l’intelligenza emotiva. BUR

Come osservava Freud, «i mortali non sanno mantenere segreti. Se le loro labbra sono silenziose, spettegolano con la punta delle dita; il tradimento si fa strada attraverso ogni poro della pelle». Il nervoso e inquieto agitarsi di un negoziatore smentisce la sua espressione impassibile; lo studiato disinteresse di un cliente che mercanteggia sui prezzi da un concessionario di automobili è contraddetto dall’eccitazione con cui gravita intorno alla convertibile che desidera con tutto se stesso. Saper cogliere queste spie emotive è particolarmente importante in situazioni in cui le persone hanno ragione di nascondere le loro vere emozioni – una cosa comune nell’ambiente degli affari e del lavoro.
L’essenza dell’empatia sta pertanto nel cogliere quello che gli altri provano senza bisogno che lo esprimano verbalmente. In effetti, è raro che gli altri ci dicano esplicitamente che cosa provano; piuttosto, ce lo comunicano con il tono di voce, l’espressione del volto, o in altri modi non verbali. L’abilità di captare queste comunicazioni impercettibili si fonda su competenze più fondamentali, soprattutto sulla consapevolezza di sé e sull’autocontrollo. Come vedremo, se non siamo capaci di percepire i nostri sentimenti o di impedire che essi ci sommergano, non avremo alcuna speranza di entrare in contatto con gli stati d’animo degli altri.
L’empatia è il nostro radar sociale. Un’amica mi racconta di essersi accorta molto presto dell’infelicità di una collega. «Andai dal mio capo e dissi, “C’è qualcosa che non va con Kathleen – non è felice qui”. Non mi guardava più negli occhi, aveva smesso di mandarmi i suoi soliti messaggi spiritosi via e-mail. Dopo un po’ annunciò che se ne andava a lavorare da un’altra parte.»
Quando mancano di questa sensibilità, le persone sono «fuori». Essere sordi emotivamente si traduce nella goffaggine sociale, che può derivare da un’errata interpretazione dei sentimenti, da una ottusità meccanica e desintonizzata, o dall’indifferenza che può distruggere un rapporto.

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