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Parole che curano e cambiano la vita

Le parole si modulano, cambiano, si modificano continuamente nelle situazioni in cui ci veniamo a trovare, e negli incontri che abbiamo in vita. Esse non sono mai inerti e mute ma comunicano sempre qualcosa. Sono impegnative per chi le dice, e per chi le ascolta, cambiano di significato nella misura in cui cambiano i nostri stati d’animo, e non è facile coglierne fino in fondo le risonanze.
Eugenio Borgna, Parlarsi. La comunicazione perduta. Einaudi

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Le parole non sono di questo mondo, sono un mondo a se stante, ma sono anche creature viventi, e di questo non sempre siamo consapevoli nelle nostre giornate divorate dalla fretta e dalla distrazione, dalla noncuranza e dalla indifferenza, che ci portano a considerare le parole solo come strumenti, come modi aridi e interscambiabili di comunicare i nostri pensieri. Ma le parole che ci salvano non sono facili da rintracciare; e, come diceva Marina Cvetaeva, la grande scrittrice russa, dalla vita dilaniata dalla solitudine e dal dolore (le lettere meravigliose che ha scambiato con Rilke si leggono ancora oggi con stupore nel cuore), faticoso e febbrile è il lavoro necessario nel trovare parole che facciano del bene. Ma, come trovare, e come rivivere, le parole che salvano, e creano relazione? La salvezza non può venire se non dall’ascolto, dall’ascolto del dicibile e dell’indicibile, che ci dovrebbe accompagnare in ogni momento della giornata, e in ogni situazione della vita.
La prodigiosa avanzata delle tecnologie consente di giungere alla conoscenza delle malattie, somatiche in particolare, alla diagnosi e alla indicazione delle cure, con una rapidità inimmaginabile nel passato; ma questo avviene, o rischia di avvenire, senza tenere presente la persona malata, le sue risonanze psicologiche e umane al dolore, e alla malattia, che sono cosí importanti nella evoluzione clinica, e nella cura. Ma come non ribadire ancora la significazione umana, e in fondo terapeutica, delle parole e dei gesti con cui ci incontriamo con chi sta male? Se le parole non nascono dal cuore, se non sono leggere e profonde, gentili e assorte, fragili e sincere, fanno del male, e fanno del male i gesti che non sanno testimoniare attenzione e partecipazione.

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