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Psicoterapia : i fattori che la favoriscono

Psicoterapia è precisamente l’«arte di ascoltare» e, al tempo stesso, la strada che conduce alla realizzazione personale. Tuttavia, per raggiungere quest’ultimo obiettivo – spiega Fromm – occorre anche smascherare la natura illusoria dei miti della società moderna, che giorno dopo giorno attentano all’autonomia e alla libertà dell’individuo, inducendo ad abbandonarsi al conformismo e a un modello di comportamento preordinato. Solo l’individuo ha la forza di scongiurare una simile minaccia, purché abbia il coraggio di accettare consapevolmente la sfida e sia disposto a mettersi in discussione senza riserve.
Erich Fromm, L’arte di ascoltare. Mondadori

C’è tutta una serie di altri fattori, che occorre citare almeno in breve, responsabili del successo o dell’insuccesso della psicoterapia. (…)

Livello della sofferenza
In primo luogo va posta la questione se il paziente ha davvero toccato il fondo della sua sofferenza. Conosco un terapeuta che accetta di analizzare un paziente solo dopo che questi ha provato senza alcun successo tutti i metodi terapeutici praticati negli Stati Uniti. Naturalmente tale condizione può essere anche un ottimo alibi per il proprio fallimento terapeutico, ma in tal caso è comunque una prova del fatto che il paziente abbia toccato il fondo della sofferenza, oppure no. E ritengo che scoprirlo sia molto importante. Anche se in termini un po’ diversi, Harry Stack Sullivan ha sempre sottolineato l’importanza di questo aspetto. Egli sosteneva che il paziente deve dimostrare per quale motivo ha bisogno della psicoterapia. Col che non intendeva certo dire che debba fornire una spiegazione sulla sua malattia o cose del genere. Per lui era fondamentale che il paziente non venisse con la seguente convinzione: «Io sono malato. Lei è lo specialista che dà ai malati una possibilità di guarigione. E allora eccomi qui!». Se dovessi scrivere un motto alla parete del mio studio, sarebbe: «Stare qui non basta!». Il primo e più importante compito della psicoterapia non è dunque quello di infondere coraggio al paziente, quanto quello di aiutarlo a percepire la sua infelicità. In effetti non c’è motivo di incoraggiarlo né di alleviarne la sofferenza; al contrario, per la prosecuzione della psicoterapia ciò è assolutamente negativo. Credo che nessuno abbia abbastanza iniziativa per fare il tremendo sforzo richiesto da una psicoterapia – sempre che si tratti di vera psicoterapia – se non si rende conto dell’enorme sofferenza che ha dentro. E questo stato di sofferenza non è ancora la cosa peggiore, perché è sempre meglio di uno stato psichico simile a un limbo in cui non si soffre, ma non si è neppure felici. Soffrire è quantomeno una sensazione reale che fa parte della vita. Chi non si rende conto della propria sofferenza, o si limita a guardare la televisione o a passare il tempo in qualche modo, non arriva da nessuna parte.

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