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Creatività e vita quotidiana

La creatività consiste nel mantenere, nel corso della vita, qualcosa che appartiene all’esperienza infantile: la capacità di creare il mondo.
Donald Winnicott, Dal luogo delle origini. Raffaello Cortina Editore

Qualunque sia la definizione di creatività che si voglia accettare essa deve includere il concetto di validità o di inutilità della vita a essere vissuta, e ciò quale conseguenza dell’accettazione o della negazione che la creatività faccia parte dell’esperienza individuale del soggetto. Per essere creativa, una persona deve esistere e avere il sentimento di esistere, non tanto come certezza consapevole, quanto come un dato di base da cui partire. La creatività dunque è l’azione che deriva dall’essere, segno che colui che è, è vivo. L’impulso può essere silente, ma quando possiamo parlare di «fare», allora siamo già in presenza della creatività.
É possibile dimostrare che, talora, in alcune persone, tutte quelle attività che indicano che l’individuo è vivo non sono altro che risposte a stimoli: sospeso lo stimolo, la persona non ha più vita. Ma nel caso limite, la parola essere non ha alcun significato: affinché l’individuo esista, e ne abbia il sentimento, deve predominare in lui il fare impulsivo su quello reattivo. (…) Cercando il termine «creare» in un dizionario, ho trovato questa definizione: «portare a esistere». Una creazione può essere «un prodotto della mente umana». Non è sicuro che la creatività sia una parola del tutto gradita agli eruditi. Per vita creativa io intendo la possibilità di non essere continuamente uccisi o annientati dalla compiacenza verso o dalla reazione a un mondo che fa violenza all’individuo; si tratta di riuscire a vedere ogni cosa in modo sempre nuovo. Mi riferisco all’appercezione in contrapposto alla percezione.

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