campi di concentramento

Campi di concentramento e lo shock dell’imprigionamento

I campi di concentramento nel racconto dello psicoanalista Bruno Bettelheim. La sua esperienza nei campi di concentramento e la ricostruzione del percorso traumatizzante a cui erano sottoposti i prigionieri. I campi di concentramento e la scientifica “distruzione” della persona da parte delle S.S. I campi di concentramento e la brutale degradazione psicologica dell’essere umano.
Bruno Bettelheim, Il cuore vigile. Adelphi

I cambiamenti improvvisi nella personalità di un individuo sono spesso il risultato di esperienze traumatizzanti. Dovendo parlare dell’influsso dei campi di concentramento sui prigionieri, vogliamo far notare fin dall’inizio che lo shock iniziale dovuto al fatto di essere strappati alla famiglia, agli amici, al lavoro, per essere poi privati dei diritti civili e rinchiusi in una prigione, può essere considerato a parte, indipendentemente dal trauma prodotto più tardi dagli eccezionali maltrattamenti. La maggior parte dei prigionieri dei campi di concentramento subiva questi due shock separatamente, perché di solito, prima di essere trasportati al campo, essi dovevano passare diversi giorni in una prigione locale, dove in generale non subivano maltrattamenti. La loro «iniziazione» alla vita nel campo di concentramento, che aveva luogo durante il trasporto, era spesso la prima tortura che i prigionieri provassero e, in ogni caso, per la maggior parte di loro la peggiore che avessero mai subìto sia fisicamente sia psicologicamente. Se e quanto lo shock iniziale fosse sentito dai prigionieri come un grave trauma dipendeva dalla personalità dei singoli.
Ma, se si vuole generalizzare, le reazioni dei prigionieri dei campi di concentramento possono essere analizzate sulla base delle classi sociali ed economiche cui appartenevano e sulla lor o maturità politica. In pratica, naturalmente, queste categorie si sovrapponevano, e qui le distinguiamo solo per semplificare e chiarire la nostra esposizione. Un altro aspetto importante era se un individuo fosse o non fosse già stato in prigione come criminale o per ragioni politiche. I prigionieri “non politici appartenenti alla classe media” (che nei campi di concentramento costituivano una minoranza) erano quelli che sopportavano meno bene degli altri lo shock iniziale. Erano del tutto incapaci di rendersi conto di quello che stava succedendo e perché. Si aggrappavano più che mai a ciò che fino ad allora aveva alimentato il loro rispetto di sé. Perfino mentre venivano maltrattati e ingiuriati cercavano di convincere le S.S. di non essersi mai opposti al nazismo. Non riuscivano a capire perché fossero proprio loro a essere perseguitati, lo ro, che avevano sempre obbedito a tutte le leggi senza discutere. Perfino ora che erano stati messi ingiustamente in prigione non osavano opporsi ai loro persecutori, nemmeno col pensiero, anche se ciò avrebbe potuto aiutarli a recuperare in parte quella dignità di cui ora avevano tanto bisogno.

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